«Ma i temi leopardiani non fanno vincere le elezioni»

di Ernesto Morelli

Caro direttore, il suo commento al libro di Pietro Citati «L’elogio del pomodoro» è ricco di elementi descrittivi che ci fanno immergere nella tipica atmosfera ligure. Profumi e sapori locali meritano di essere ricordati e difesi. Ma è la conclusione del pezzo a non convincermi per niente. Lei scrive: «Mi piacerebbe che in campagna elettorale si parlasse di Bellezza in senso leopardiano, dei nostri luoghi, della nostra vita. E che si parlasse anche dei pomodori». Se fossimo in un altro Paese potrei anche darle ragione. Ma dubito molto che Pierluigi Vinai raccatterebbe molti consensi in Valbisagno, Valpolcevera e Ponente se discettasse di atmosfere bucoliche, sapori e profumi davanti ai tanti genovesi che per decenni si sono volutamente sciroppati le peggiori giunte di sinistra d’Europa, responsabili di aver trasformato Genova in una discarica di rumenta e balordi (vedi le bande di immigrati che imperversano tra Di Negro e Sampierdarena), mettendo in ginocchio economia e servizi. Animato da un masochismo assoluto, figlio più dell’inerzia che della mobilitazione ideologica, un esercito di elettori è determinato a votare un facsimile di Marta Vincenzi, magari in versione peggiorata.

A gente così, più che di pomodori, si dovrebbe parlare delle probabilità sempre crescenti di finire molto male e che la sinistra non correrà certo a piangere sulla tomba dell’anziano sbattuto a terra durante lo scippo o accoltellato per derubarlo della pensione. Anche se il defunto l’aveva votata.

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