«La guerra è tutta tattica e questo è la Brigata 313: leggere la mente del nemico e reagire di conseguenza». Così il pachistano Ilyas Kashmiri, 47 anni, capo della cosiddetta «Armata fantasma» e tra i quattro terroristi più ricercati dagli Usa, aveva definito il suo gruppo affiliato da Al Qaida in unintervista allAsian Times nel 2009. Lo scopo delle dichiarazioni alla stampa di allora era di smentire la morte del leader sotto i bombardamenti di un drone americano. Ieri invece il drone è andato a segno e gli stessi uomini della potente organizzazione, il cui nome pachistano è Harkat-ul-Jihad al-Islami, confermano la morte del loro comandante, promettendo vendetta.
Alto, figura imponente, un occhio perso in battaglia come il Mullah Omar, Kashmiri si presentava di solito in pubblico con un turbante color crema, il tradizionale shalwar kameez (completo composto da camicia e calzoni), la lunga barba rossiccia per la colorazione con lhennè, limmancabile kalashnikov AK-47 a tracolla e in mano un bastone di legno.
Sulla sua testa in Pakistan pesava una taglia da 50 milioni di rupie (600mila dollari). Per alcuni organi di intelligence sarebbe stato il comandante in capo delle operazioni globali di Al Qaida, mentre per altri avrebbe guidato lala militare dellorganizzazione: di sicuro era uno dei terroristi più pericolosi al mondo, e un possibile successore di Osama Bin Laden, dopo luccisione dello sceicco del terrore nel blitz dei Navy Seals.
Kashmiri, esperto comandante formatosi ai tempi della lotta con lIndia per il Kashmir diviso, si era unito ad Al Qaida nel 2005. Organizzatore di operazioni di alto profilo, ma cultore dellunderstatement, usava alcuni dei suoi uomini come agenti in sonno, infiltrandoli in vari Paesi, pronti a colpire. Ma il leader dellArmata fantasma sembra potesse contare anche su finanziatori e rapporti con sistemi di potere.
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