Un inguaribile ottimista che non si fida di chi si dichiara neutrale

Salve, egregio direttore,
sintetizzo i complimenti in un semplice «grazie per il suo lavoro», esteso naturalmente a tutto lo staff del Giornale. Continuo a essere convinto della qualità della testata, al di là delle infantili quanto risibili accuse faziosità e servilismo (da quali pulpiti?). Essere schierati è, dovrebbero impararlo in tanti, segno di consapevolezza, carattere, idee. Diffido di chi si dichiara «neutrale» (ovvero cangiante, camaleontico). In quanto alla qualità, proprio ieri mattina ad esempio su un noto quotidiano ho letto, in relazione al record di Bolt, l'espressione «pianeta terra», con la t. Certo, possibile un errore di stampa, ma ho i miei dubbi, spulciando ne ho trovati altri. Non credo sia una quisquilia (ciao, Totò...).
Detto questo, un’annotazione sul «momento». I segnali sono ormai milioni: mancanza di rispetto, maleducazione, pretesa di fare del proprio sentore legge (a volte anche dello Stato...), prevaricazione della controparte «di turno». Sempre più tutto ciò imperversa, in politica come in famiglia, al lavoro, ovunque. Sembra, salvo una percentuale davvero minima, svanita nel nulla la capacità di concertarsi, di dialogare, di avere un equilibrio espressivo e comportamentale che, a mio avviso, è fondamentale, soprattutto di lavorare seriamente nella maggior parte del tempo a disposizione. Credo che la voglia di «faticare», intesa non soltanto come «voglia di lavorare» ma anche come impegno mentale e morale, sia sempre più merce rara. Basta ascoltare e leggere quanto sta avvenendo, in qualsiasi àmbito. Troppo faticoso essere intelligenti, o meglio usare quella intelligenza che Madre Natura non ha negato a nessuno, salvo diverse caratteristiche e propensioni.
L'esperienza personale mi sta dicendo quanto sia, purtroppo, praticamente impossibile far comprendere a tantissima parte della gente che le regole non sono una prigionia o mancanza di libertà bensì un elemento irrinunciabile, la spina dorsale della convivenza. Diversamente, è la jungla.
Continuo a essere ottimista, all'urlo di «peggio di così non si può, si deve per forza migliorare».
Inguaribile?
Buon lavoro.

Ci sono momenti bui, in cui ci si sente senza bussola e radici, ma anche io, come lei, sono un inguaribile ottimista. Grazie per i suoi complimenti, anche noi «fatichiamo», tutti i giorni, consapevoli che non esiste una verità rivelata, ma si va avanti per tentativi ed errori. Ci accusano di essere faziosi? È strano, ma in questo Paese se stai da una parte, a sinistra, sei un partigiano della libertà, uno che dice le cose vere e sacrosante, uno che fa giornalismo militante e civile contro il tiranno, gli altri sono tutti pennivendoli, servi del potere. È una storia antica, che nasconde soprattutto una grande presunzione.

Sono sempre più convinto che se in Italia c’è una cultura antidemocratica (e giacobina) ha la sua bottega a sinistra.
Non so se viviamo nella jungla, come scrive lei. So che viviamo un tempo incerto, senza punti di riferimento, qualche volta naufraghi. È questo il problema. E i giacobini sono quelli che urlano più forte.

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