Dopo gli arresti di maggio nulla è cambiatoil caso

di Fabrizio Rondolino

Ho subìto un furto non gravissimo ma odioso: e ad un mese dalla denuncia non è successo nulla, sebbene i ladri - ne sono convinto - siano facilmente rintracciabili. E, giusto per accrescere la mia frustrazione, non sono certo né il primo né l'ultimo. Anzi: i furti nei bagagli sono oramai da anni, per chi usa gli aeroporti italiani, un'insopportabile costante e una sgradevole abitudine. Di ritorno dagli Stati Uniti via Londra, atterro a Fiumicino la mattina del 5 maggio. Per una curiosa coincidenza, leggo sul primo giornale comprato a Roma che giusto un paio di giorni prima erano state arrestate 29 persone, tra cui 18 dipendenti Alitalia di Fiumicino, dopo che una telecamera nascosta li aveva ripresi mentre svuotavano le valigie direttamente nella stiva dell'aereo.
Leggo la notizia, e guardo il nastro trasportatore: niente. La nostra valigia è rimasta a Londra. Ci mettiamo pazientemente in coda, fra decine di passeggeri urlanti e già sudati, per denunciare lo smarrimento: l'impiegato assicura che la valigia arriverà con l'aereo della sera. La sera ricevo invece una telefonata che mi annuncia la consegna del bagaglio per l'indomani. Ma l'indomani non succede nulla, e dovrò aspettare un altro giorno per riavere la mia valigia. Chiusa con un lucchettino di plastica, come se qualcuno se ne fosse preso cura e volesse assicurarne l'incolumità.
Spezzo il lucchetto, apro la valigia: è tutto perfettamente in ordine (con il senno di poi, forse è tutto troppo in ordine). Comincio a svuotarla, e mi accorgo piano piano delle cose che mancano. A parte un iPad (colpa mia: i computer vanno portati a mano), poche cose di poco valore: due paia di sandali comprati per le nostre figlie, qualche souvenir, un telefonino americano usa-e-getta da 20 dollari. Un furto da poveracci. Ma, come sa chiunque lo abbia subito, fastidioso e intollerabile: come se qualcuno avesse rovistato fra i miei panni sporchi, e non soltanto letteralmente, e profanato la nostra intimità. Ho raccontato la vicenda nei dettagli per dimostrare come sia semplicissimo risolvere il caso. Tutti i voli sono, ovviamente, registrati, e così tutti i bagagli: della mia valigia è dunque possibile ricostruire ogni singolo movimento, rintracciare le persone che si trovavano in quell'ora e in quel luogo, verificare i tempi di scarico, smistamento, custodia e consegna, e insomma inchiodare i responsabili. I quali invece, a giudicare dalla cura con cui hanno richiuso la mia valigia, sigillandola per di più con un beffardo lucchetto di plastica, devono essere convinti di godere di una totale impunità.
La polizia è sulle tracce dei ladri? Spero proprio di sì, ma non ne sono affatto certo. La denuncia in commissariato avrà forse innescato un'indagine, ma somigliava molto di più ad una formalità burocratica richiesta dall'assicurazione. E infatti è passato un mese, e nessuno si è fatto vivo. Si dirà che le priorità sono altre, e che le forze dell'ordine fanno quel che possono, in condizioni spesso disastrate. Vero, verissimo. Ma Fiumicino è la più grande porta d'ingresso del Paese, e sulla nostra porta di casa non possiamo permetterci di avere una banda di taglieggiatori. Tanto più se questa banda opera spavalda alla luce del sole, mentre basterebbe qualche telecamera nascosta per sgominarla una volta per tutte.
I ladri di Fiumicino e degli altri aeroporti italiani possono, e dunque devono essere arrestati.

Per ovvi motivi di civiltà e di giustizia, naturalmente. Ma anche per opportunità, persino per opportunismo: abbiamo bisogno dei turisti come dell'aria che respiriamo, e non possiamo accoglierli svuotando le loro valigie prima ancora che s'accorgano di essere in Italia.

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