di Caro direttore, apprendo dal suo Giornale che secondo un comico genovese il comunismo «era bellissimo». Una battuta decisamente malriuscita, ma anche molto di più, visto che Beppe Grillo è il leader di un partito che alle ultime elezioni politiche ha ottenuto il 25% dei voti e oggi chiede di nuovo il consenso agli italiani per le Europee. Mi pare, però, soprattutto un esercizio inconsapevole di sincerità, quasi una confessione, ed è su questo che vorrei soffermarmi.
Da quando Grillo ha trasferito il suo show perenne nella politica, infatti, ci siamo raccontati un dibattito truccato. Depistati da un presunto «linguaggio nuovo» (in realtà non c'è niente di più vecchio dell'insulto) e deviati dalla retorica sulla democrazia della Rete (che come tutti i media è un mezzo, non un simulacro), siamo caduti nel suo incantesimo e non abbiamo visto la sostanza. La quale, come spesso accade, è molto semplice, tanto che ce l'ha rivelata lui con una battuta sfuggita per un attimo al copione. «Il comunismo era bellissimo». Peccato solo «sia stato applicato male». È il vecchio riflesso con cui tutti i «compagni di strada» dell'ideologia comunista hanno cercato di salvare l'Ideale, nel corso del tragico Novecento.
La profezia di Marx, la dittatura del proletariato, la società senza classi sono la terra promessa. I massacri sono colpa dell'uomo, quei campi di concentramento a cielo aperto che sono stati via via l'Unione Sovietica, la Cambogia, Cuba, la Corea, sono errori, deviazioni temporanee, ma l'Ideale è giusto. No, era ed è marcio alla radice, poggia sulla violazione della natura umana e dei diritti più elementari e per verificarlo basta una scorsa al sussidiario di quinta elementare.
Ecco, che cos'é Grillo: qualcosa di vecchissimo, la riproposizione sotto spoglie buffonesche di un armamentario finito nella mansarda della storia. Che ritroviamo puntualmente in tutta la sua azione politica, nell'appoggio acritico al Movimento No Tav, frange estremiste ed eversive comprese, nella retorica sui «beni comuni» da presidiare, ovviamente a spese del contribuente, nelle proposte strampalate come il reddito di cittadinanza e nelle narrazioni astruse come la decrescita felice, contro il capitalismo che «disintegra gli Stati e non prevede la democrazia» (sono sempre parole sue).
Bene, io non ci sto più, a questo trucco, voglio prendere Grillo sul serio, per quello che è: l'ultima propaggine farsesca di una storia tragica e soprattutto fare una domanda diretta ai liberali e moderati. Molti di loro sono delusi, frustrati, alcuni addirittura «disgustati», come dice il presidente Berlusconi, ed è difficile dar loro torto. Le resistenze del sistema Paese a una politica liberale sono ataviche e possono creare scoramento, noi lo sappiamo bene. Ma è possibile, anche solo per un secondo, dare credito a un ex comico che intrattiene il suo pubblico urlando che «il comunismo era bellissimo»? No, io non credo proprio.
*deputato, coordinatore lombardo di Forza Italia
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