Il Giappone fa dietrofront sul nucleare: cancellata l'uscita prevista per il 2030

Il governo giapponese approva il nuovo piano di politica energetica a 18 mesi dalla grave crisi di Fukushima, ma fa marcia indietro sull'obiettivo di chiudere l'esperienza nucleare nell'arco di un trentennio. L'obiettivo temporale degli anni 2030, segnato nella versione approvata venerdì dalla riunione ministeriale e ritenuto essere definitiva, è stato «cancellato», rilanciando le voci sul malcontento diffuso che ha unito trasversalmente la lobby dell'industria nucleare e delle imprese (come la Keidanren, potente Confindustria nipponica), i sindacati, i governi locali che ospitano gli impianti e contrari alla chiusura per la perdita di occupazione e di alcune associazioni di consumatori, sia per la mancanza di indicazioni sul «caro bolletta», sia per la generale approssimazione sulle delle fonti energetiche alternative.
Il governo, ha spiegato il vicepremier Katsuya Okada in un briefing con la stampa, si pone il traguardo di azzerare il nucleare e «non ha mai dato il limite degli anni 2030, ma farà di tutto per accelerare sulle fonti alternative», rispettando tre principi: «no alla costruzione di nuovi reattori tranne che di quelli già autorizzati, smantellamento di quelli con più di 40 anni di vita, riavvio delle unità che hanno superato i test di sicurezza della nuova Commissione di regolamentazione».
Ci sono, ha osservato Okada, «differenze di vedute, anche in funzione dello sviluppo delle tecnologie alternative, della situazione economica, dei costi di generazioni energetica in base a gas, carbone e altre risorse usate». L'approccio è «flessibile, ma nel 2040 solo pochi impianti sopravviveranno».


Il governo ha presentato venerdì un piano di lungo termine sulle linee strategiche energetiche nazionali, raccogliendo le preoccupazioni dell'opinione pubblica, con le elezioni generali alle porte, sulla sicurezza degli impianti nucleari dopo l'incidente alla centrale di Fukushima dello scorso anno.

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