È impensabile che i coniugi in guerra siano contemporaneamente genitori in sintonia. Questo però vorrebbe la legge sull'affido condiviso, che impone la bigenitorialità. Cioè il diritto dei figli di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con mamma e papà, che hanno pari responsabilità genitoriale. S
ignifica, cioè, che ogni scelta, in regime di affido condiviso, deve essere un frutto omogeneo al progetto genitoriale: scuola, educazione, amicizie, attività sportive, viaggi per studio e vacanze devono essere programmati e valutati per tempo nel solo interesse dei minori. Invece non succede proprio così, perlomeno per una buona parte dei genitori in eterno conflitto.
Prendiamo le vacanze estive che, per i figli, sono davvero belle lunghe. Se i genitori conoscessero i diritti dei minori e non equivocassero sulla parola «amore», i loro ragazzi potrebbero trascorrere durevoli periodi con la mamma e altrettanti con il papà; potrebbero avere l'occasione di stare con i nonni e anche di frequentare un corso sportivo o di studio all'estero. Certo, denaro permettendo. Ma il tempo ci sarebbe senz'altro. Invece no.
Fino all'ultimo momento possibile, i genitori non sciolgono le riserve sulle proprie ferie, tantomeno dichiarano dove vogliono andare; poi fingono presunti overbooking, per cambiare volo o treni e mettere a disagio l'altro; proibiscono ipotesi di soggiorno dai nonni, nascondono o fanno scadere il passaporto. Al momento della partenza dei figli simulano loro improvvisi malesseri, ed esibiscono opportunistici certificati medici. La guerra è su diversi fronti, quindi anche contro i nuovi partner o i luoghi prescelti.
Non esiste una differenza di accanimento per genere: il genitore collocatario, cioè quello presso il quale ha la residenza prevalente il minore, che sia la madre o il padre, esercita il senso di proprietà o di veto in modo crudele e determinato.
Il genitore non collocatario, a sua volta, pretende di far valere il proprio diritto di visita, incurante dei problemi che crea al figlio. Certi bimbi trascorrono vacanze da incubo, trasferendosi ogni settimana da un genitore all'altro e, dunque, essendo obbligati anche a venti viaggi nell'estate calda, in auto, in aereo e persino in moto.
Questo perché, per alcuni, affido condiviso vuol dire spezzare a metà la vita del figlio. Perché molti (padri) continuano a pretendere appunto le visite settimanali, obbligando i figli a tornare, per esempio il mercoledì e il week-end, da Lampedusa, o Sestrière a Milano o Roma. Questa è, per vari motivi, ignoranza arrogante, spesso anche degli avvocati, più litigiosi dei loro clienti.
Prima di tutto il benessere di un minore impone la stabilità; in secondo luogo è giurisprudenza costante che il diritto di visita del genitore collocatario si sospenda durante le vacanze estive.
Inoltre, come ha diritto il genitore non collocatario a trascorrere 3/4 settimane con i figli, altrettanto devono poter fare la mamma o il papà collocatari. Poi, se le vacanze si prolungano e se proprio il desiderio è di incontrare i bambini, li si va a trovare nel luogo di vacanza e non li si obbliga a insani sballottamenti.
La responsabilità di queste guerre e di questi disagi, non è sempre solo dei genitori egoisti o degli avvocati incapaci, ma anche di quei giudici che, invece di prevenire il conflitto, ammorbano sentenze e ordinanze con la pomposa sciatteria, lasciando spazio alle interpretazioni interessate, dispettose e vendicative.
C'è da dire, però, che i giudici lungimiranti e diligenti, tengono conto del marasma dispettoso che caratterizza le vacanze e spesso puniscono i genitori così palesemente inadeguati e noncuranti della serenità dei figli. I quali, poveretti, non vedono l'ora che arrivi settembre, per ritrovare se stessi nella tranquillità e nell'immutabilità delle regole della scuola.
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