Il Pd soccorre Bersani: nuova legge elettorale per abolire le primarie

Per dirla con Bersani, «ogni giorno ha la sua pena». Spesso anche più di una, dalle parti del Pd. L'alleato ufficiale Vendola che gli ha scagliato tra i piedi la mina del referendum anti-Fornero (d'altronde il governatore di Puglia deve pur inventarsi qualcosa per far risalire i sondaggi di Sel; per non farsi fregare troppi voti da Di Pietro e cercare anche di ottenere visibilità in vista delle primarie). Ieri Casini, l'alleato virtuale, ha attaccato Bersani dal fianco destro: sull'alleanza con Vendola («Chi, dopo il governo Monti, si vuole assumere la responsabilità di guidare il Paese, niente ha a che fare con chi ha presentato i referendum») e sulla legge elettorale: «Non dobbiamo nulla al Pd, e non accettiamo ultimatum», replica a muso duro contro l'altolà del Pd a «inciuci» proporzionali. Un botta e risposta che ha assunto toni pesantissimi con Bersani che avverte («Devono stare attenti a quello che pensano. Il Paese va governato, noi non scherziamo») e Casini che twitta: «Caro Bersani, qui nessuno ha voglia di scherzare».
«Casini non vuole Vendola al tavolo del futuro governo?», scherza il tesoriere Ds Ugo Sposetti. «Facciamo così: visto che va di moda il rinnovamento e che i diciottenni che voteranno nel 2013 sono nati dopo la fine del Pci, io ritiro fuori il simbolo e lo presento. Sarà la vera novità delle elezioni, e sono certo che un buon 15% non ce lo leva nessuno: prenderò più di Casini, e al tavolo mi ci siedo io».
Ma ancor più che dagli alleati esterni, Bersani sa di doversi guardare da quelli interni: bastava osservare ieri mattina (in sua assenza) quanto avveniva nell'aula di Montecitorio, tra un voto e l'altro, per farsene un'idea. Prima un lungo colloquio tra Casini e D'Alema, poi conciliaboli del medesimo D'Alema con Veltroni e Franceschini, mentre Casini si intratteneva con Di Pietro e Veltroni con Fini. Di che si parlava? Di legge elettorale, e anche di primarie.
I maggiorenti Pd stanno provando in ogni modo ad evitare il match Bersani-Renzi, e a convincere il segretario a disdire l'appuntamento: se passasse una riforma proporzionale e senza premi di maggioranza alla coalizione, fare le primarie di coalizione per la premiership non avrebbe più molto senso («Al massimo Bersani potrebbe concorrere da vice-premier», nota acida Rosi Bindi), e si aprirebbe un'autostrada al famoso Monti bis. «Stai attento, perché in questo clima quello ti batte», è il ritornello allarmato che Bersani si sente ripetere.
La psicosi-Renzi si sta diffondendo tra i parlamentari Pd (su dieci, almeno otto sono convinti che il sindaco di Firenze, al grido di «a casa i vecchi», abbia già la vittoria in pugno) e tra i quadri del partito: «Se va avanti così, qui ci sarà la fila per votare Renzi», assicura preoccupato il segretario di sezione di uno dei quartieri più “rossi” di Roma, Testaccio.
Il trend dello sfidante è sicuramente positivo e in crescita. Ma lo spauracchio di una vittoria di Renzi viene usato strumentalmente dai big del Pd per spingere Bersani a fare marcia indietro: «Non hanno paura che Matteo vinca, ma che perda e diventi l'unico interlocutore interno di Bersani, spazzando via la rendita di potere della nomenklatura», spiega un esponente filo-segretario. Per questo, ad esempio, la Bindi minaccia di candidarsi anche lei alle primarie: la presidente del Pd, che vuole un posto a tavola, e possibilmente di riguardo, nella prossima legislatura, non ci sta a farsi pensionare dal tandem Bersani-Renzi. «Pensavano di avermi fregato facendo trapelare che farei la vice-premier: come se non fosse chiaro che, se il premier sarà Bersani, non ci sarà certo un vice del Pd...», si sfoga lei.
Bersani però sembra intenzionato a tener duro: vuole una legge con premio di maggioranza (e Casini, in cambio delle preferenze che gli servono come il pane, sembra disposto a dargli una mano) e vuole le primarie: «Nessuno ci capirebbe se ora le disdicessimo, sarebbe un disastro», spiega ai suoi. E ostenta tranquillità: «Ogni giorno ha la sua pena.

Da qui alle elezioni ci sarà magari Casini che ci dà un bacino e Sel che ci critica, e il giorno dopo il contrario...». Non dice - ma forse pensa - che alla fine il gioco dei veti incrociati potrebbe produrre la paralisi definitiva e la legge elettorale migliore, per lui: il Porcellum.

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