Hanno tutto dalla loro parte. Le statistiche, i sociologi, i manuali, gli sponsor vip, perfino il ministro Fornero, che ha detto che «si può pensare» al congedo di paternità obbligatorio. È che i tempi sono questi, tempi in cui i papà o sono perfetti (più o meno, è chiaro), o non sono padri del nuovo secolo. Chi avrebbe il coraggio di raccontare che a casa non muove uno spillo, si svacca sul divano e non gioca coi figli, legge il giornale mentre la moglie cucina lava e rassetta, e non ha mai messo a nanna il bebè? La risposta è: quasi nessuno. Chi lo facesse, proverebbe subito vergogna, e sarebbe inondato da insulti per la sua appartenenza al paleozoico: lo salverebbe giusto la mamma (la sua, non quella di suo figlio), e il motivo è scontato. Ma tutti gli altri, da Obama in giù, non si sognerebbero mai di definirsi «qualcosaltro», prima che papà. Nemmeno «presidente degli Stati Uniti».
È che oggi il papà sembra avere recuperato il suo ruolo centrale nella famiglia, anche se declinato in modi molto diversi rispetto al passato. La crisi dellautorità lha colpito al cuore, perché per secoli il padre è stato soprattutto quello; quindi è rimasto spiazzato, si è dovuto riposizionare, a casa e nella realtà di ogni giorno. Il nuovo papà avanza, si riprende i suoi spazi dopo che le mamme, per anni, avevano invaso tutto il terreno disponibile, anche per necessità, e lo fa non solo in termini di autorevolezza, ma anche di complicità: sembra che oggi lintensità della vita vissuta coi figli si sia amplificata, attraverso lesperienza della quotidianità più banale, pannolini da cambiare, vestiti da mettere e togliere, ninne nanne, biberon da scaldare in piena notte, supermercato, compiti, divertimento. Una ricerca dellOsservatorio Isfol su seimila donne fra i 25 e i 45 anni dice che l88 per cento dei papà gioca coi figli e si occupa di portarli a scuola, vestirli, lavarli. Poi cucina, e uno su quattro mette a letto i piccoli. E aiuta: fa la spesa (68 per cento) e collabora alle faccende di casa (37,5 per cento). Di solito questuomo modello abita al centro nord, la sua compagna ha un titolo di studio e lavora, che poi è il discriminante fondamentale. Padri tuttofare, padri da invidiare, come direbbero le mamme (delle loro compagne), e non si pensi che siano confinati in un ruolo-macchietta, allombra delle donne di casa, come quelli «in crisi» di qualche anno fa. Anzi: discutono di tutto, perfino di questioni «mammocentriche» come abbigliamento e cibo dei figli, ma i «padri alla riscossa» (è il titolo del libro della psicologa Anna Oliverio Ferraris) sono diversi dai loro padri, nonni e bisnonni, loro sono come Terenzio, nihil «filiorum» mihi alienum puto. E laltra metà della coppia? È lei, la donna, dicono i sociologi, ad averlo reso così bravo, ammirevole, a tuttotondo come landrogino di Platone, quattro braccia, quattro gambe, maschio e femmina insieme, come lei, del resto, la donna, è femmina e maschio insieme, impegnata su tutti i fronti, anzi magari guadagna più del marito (a volte succede che sia lui, a decidere di restare a casa per curare i bambini). È una rivoluzione per tutti: secondo il Censis il 22 per cento degli italiani ha come modello il padre (nel 1988 era il 14,7 per cento), ci sono corsi per i «padri del futuro», per esempio a Milano, i manuali ormai sono dedicati anche a loro, ci sono i belli e famosi che si fanno fotografare sommersi dai bambini, Brad Pitt con la sua tribù, o David Beckham, che ha deciso di rimanere a Los Angeles per moglie e quattro figli.
Non si parla più di padri insicuri, di spazi rubati, di perdita di autorevolezza, di emarginazione dal rapporto esclusivissimo mamma-figlio: o meglio, se se ne parla, è perché si pensa sia un residuo del passato, da estinguere in fretta.
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