Quando la piccina mi ha domandato candidamente «papà, mi aiuteresti a fare le divisioni a due cifre?», ho pensato con orgoglio adesso vedrai che genio dellaritmetica è il papà. Quando la creatura ha mostrato con entusiasmo la spiega dettata dal maestro scritta sul quaderno con tutti i ghirigori del caso, ho pensato con disperazione e adesso papà che fa? Perché davanti a me non cera il metodo delle divisioni studiato una vita fa, bensì qualcosa che portava allo stesso risultato e che però mi apparteneva come delle infradito a un eschimese.
Impossibilitato a teletrasportarmi altrove, ho comunque affrontato il plotone desecuzione rappresentato da quegli occhioni ingenui e speranzosi che puntavano papà come due mitra. Non ho chiesto alla piccina lultima sigaretta solo perché non fumo, in compenso mi sono inventato illusionista aritmetico. In pratica, le ho fatto credere di avere il totale controllo della situazione, arrivando al punto di alzare più volte la voce con la scusa di richiamare la sua attenzione mentre invece era lunico modo a mia disposizione per mandare in fretta a mente il nuovo metodo divisorio.
Alla fine ho avuto salva la vita, però mi è rimasta addosso una cicatrice grande così. Ho infatti capito il perché del senso di disperazione provato una volta posto improvvisamente davanti a divisioni da affrontare con un sistema diverso. Non era stato tanto il metodo a spaventarmi, quanto la consapevolezza che molti dei calcoli che da ragazzo venivano semplici ora cigolavano come ingranaggi poco lubrificati schiacciati dal peso della ruggine accumulata in tanti anni con la calcolatrice appresso. Pensiamoci: dopo il telefonino è lei laltro oggettino elettronico che ci ha cambiato la vita.
Dal giorno dellesecuzione sono trascorse due settimane. Appena ho un attimo mi cimento in calcoli rigorosamente con penna e foglio. La ruggine sta andando via. Sono tornato padrone delle divisioni, per di più svolte con entrambi i metodi: il mio e quello delladorabile creatura.
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