L’intervento Federalismo vuol dire riforma per il pane

Non esiste soluzione alla crisi, senza il federalismo. L’articolo sull’«Italia degli sprechi» pubblicato ieri dal Giornale ne dà ulteriore conferma. Dal problema rifiuti ai finanziamenti a pioggia destinati alle più curiose consulenze, ce n’è abbastanza per costringere anche i più pervicaci detrattori dell’innovazione federalista a fare un passo avanti.
È questo il momento del federalismo. A ben guardare, senza malizia e senza sofismi da salotto, il federalismo è proprio il coltello da cucina di cui ha incautamente parlato qualcuno all’opposizione, preoccupato che il Parlamento voglia usarlo «non per tagliare il pane, ma per uccidere la moglie». Quello che gli oppositori «a prescindere» non vedono, è che se la «moglie» non è già morta, poco ci manca. L’apparato statale è moribondo per il peso dell’eccessiva burocrazia, per le discutibili scelte amministrative che talora sono state fatte e che ammorbano l’aria di intere aree del Paese, desiderose di riscattarsi con il federalismo. Il «pane» di cui si parla è il nostro. E siamo noi a doverlo dividere e a saperlo consumare.
Durante e dopo questa stagione di austerity, il federalismo obbligherà chiunque vorrà mettersi al servizio dei cittadini a dare conto del denaro speso e dei risultati ottenuti, con chiarezza, trasparenza e responsabilità. La stessa a cui dobbiamo appellarci per avviare una riflessione generale sul patto che ci tiene insieme e che, senza una profonda riforma dello Stato, resterà vuoto di contenuti e viziato da interessi che nulla hanno a che vedere con il bene comune. Senza federalismo non ci può essere vera unità. Non è certo unito un Paese che si rifiuta di sanare le diseguaglianze e di introdurre seri criteri di scelta della classe dirigente e politica. Non è unito e non è «solidale» un Paese nel quale quattro regioni del Nord reggono i disavanzi di tutte le altre perché alimenta, da una parte, il senso di ingiustizia e, dall’altra, un insostenibile lassismo politico-amministrativo. Chi ostacola il prossimo varo del federalismo, con l’illusorio proposito di fare di questa opposizione la leva per far saltare il governo, è in realtà affetto dal peggiore dei conservatorismi. E invece la gente, al Sud come al Nord, chiede un cambiamento radicale. Il Mezzogiorno ne ha bisogno, per poter premere sull’acceleratore dello sviluppo.
È su questo ambizioso obiettivo, prima che su celebrazioni a rischio autoreferenzialità, che bisogna investire risorse ed energie. I cittadini ci hanno chiesto le riforme.

E se il consenso che mi è stato riconosciuto dai recenti sondaggi è virtuale, ha però il merito di premiare il dialogo chiaro, trasparente e continuo fra amministratori e amministrati e di indicare a Roma, e senza indecisioni, una precisa direzione da seguire. Il resto è Storia.
*Presidente della Regione del Veneto

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica