L’obiettivo è l’attacco ai cristiani

Il Papa ha ragione quando dice che stiamo assistendo a un aggressivo ritorno dell’anticlericalismo, anche se usando quel termine ha in fondo offerto una sponda ai nemici della Chiesa. «Anticlericalismo» è molto spesso un vocabolo-pretesto utilizzato per nascondere un altro sentimento, che è l’anticristianesimo.
Gli anticlericali di ieri e di oggi infatti si affannano a precisare che per carità, non è con quel falegname di Nazareth che ce l’hanno: ce l’hanno con i preti, i quali interferiscono nella vita politica, attentano alla laicità dello Stato eccetera. Se così fosse, non si capirebbe però perché a tanto sdegno per gli interventi vaticani (ad esempio) in difesa della vita, si accompagni altrettanta indulgenza nei confronti dell’avanzare di una religione ben più invadente e pericolosa proprio sul piano della laicità dello Stato, e cioè l’islam. Basta sfogliare la collezione dei giornali per accertarsene: gli stessi che parlano di «ritorno al Papa-re» quando Benedetto XVI o Bagnasco ricordano che l’aborto è la soppressione di una vita, difendono a spada tratta il diritto al burqa, alla sharia, alla poligamia; gli stessi che gridano alla censura se l’Osservatore Romano si azzarda a pubblicare un corsivo di protesta contro una mostra su una Madonna che piange sperma, tacciono quando le ambasciate vengono incendiate per protestare contro una vignetta; gli stessi che insorgono se alla mensa di una scuola pubblica viene inserito il pesce in un venerdì di quaresima, sono pronti a scendere in piazza affinché vengano rispettati, alla stessa mensa, gli usi alimentari dei musulmani. È un paradosso difficilmente spiegabile con quella Ragione cui fanno sempre riferimento i laicisti doc come Scalfari o Flores d’Arcais, ma anche ex seminaristi come Odifreddi. Dove sta infatti la Ragione nel ritenere il cattolicesimo più pericoloso, per la laicità dello Stato, rispetto all’islam? Credo che la risposta stia in quanto dicevo prima: e cioè che il vero obiettivo non è il clericalismo ma il cristianesimo.
Intendiamoci. Il clero ha dato e dà tuttora buoni motivi, spesso, per non rendersi simpatico. Soprattutto quando è nei suoi momenti apparentemente «trionfanti», cioè quando non ha problemi con il potere costituito. La storia della Chiesa francese è, ad esempio, la storia di un insignificante clero cortigiano fino al momento della Rivoluzione: è da quando scatta la persecuzione che preti e suore danno il meglio di sé, arriva il martirio ma arrivano anche i santi. Così nella Spagna del Novecento: un clero spesso colluso con il potere fino alla caduta di Alfonso XIII, e poi eroico durante la mattanza organizzata da anarchici e comunisti; così nel Piemonte ottocentesco: è dopo la persecuzione post-Risorgimento che fioccano i santi alla don Bosco. Il clero ha dunque i suoi difetti, ne ha anche oggi, soprattutto per via di una burocrazia a volte gonfiata a dismisura e alla tendenza all’intellettualismo. Se i discepoli avessero pensato di annunciare la Resurrezione seguendo i criteri di oggi – con i piani pastorali e le mitiche cattedre dei non credenti – il cristianesimo sarebbe morto in culla. Ma il cristiano sa che il clero e le sue strutture sono una sorta di «tassa» da pagare alla logica dell’Incarnazione. Non ci può essere annuncio del Vangelo senza organizzazione anche umana: chi ha cercato di instaurare un rapporto diretto fra uomo e Dio, senza preti e senza sacramenti, ha prodotto solo macerie. È il caso di Lutero, la cui Riforma si è sbriciolata in un’infinità di micro-chiese che hanno finito con l’andare ciascuna per conto proprio, fino a diventare del tutto irrilevanti. Il cristiano sa anche, e soprattutto, che l’attacco al clero è spesso un grande alibi. «Contesto ai preti di non essere coerenti con la morale che predicano così posso anch’io infischiarmene della morale». Ma è come se si contestasse la matematica se un professore di matematica sbaglia qualche operazione.
Una cosa è vera o falsa a prescindere dal comportamento di chi l’annuncia: e nel caso specifico del cristianesimo, nessuno – neanche i più grande santi – ha mai avuto la pretesa di dirsi senza peccato.

«Chiunque faccia apostolato – ha scritto giustamente Vittorio Messori – annuncia sempre un messaggio che lo supera».
Per questo torno a quanto dicevo all’inizio: l’anticlericalismo c’è, ma in gran parte va chiamato con il suo nome: anti-cristianesimo.

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