È indubbio: dopo i mezzi di trasporto pubblico e le stazioni ferroviarie, sono le chiese i posti maggiormente presi di mira da borseggiatori e ladruncoli: da chi ha veramente bisogno e porta via gli spiccioli della cassetta delle offerte per reale necessità (peccato che dimentichi di «avvisare» il parroco del suo «prelievo») a chi invece è un vero e proprio ladro, spesso alla ricerca di denaro per alcool, droga o, come rivela l'Osservatorio delle povertà della Caritas Diocesana, per i video-poker o giochi simili che creano un forte stato di dipendenza e un indebitamento a volte da capogiro.
A saperlo bene non cè solo la parrocchia di Santa Zita difesa dai suoi bodyguard ma anche, anzi, soprattutto le chiese in cui manca la figura del sacrestano come San Matteo in centro storico (oggetto anche di atti vandalici e scritte contro il cardinale Angelo Bagnasco o il Papa), San Pietro alla Foce (dove l'ufficio parrocchiale è distante dalla chiesa) o San Gerolamo a Castelletto, per restare solo nella zona centrale di Genova. Tuttavia anche la presenza di un custode può non bastare a scoraggiare i ladruncoli. La tecnica più usata è spesso quella dell'azione in coppia: uno distrae il sacrestano con una serie di domande di circostanza (orari della celebrazioni, pratiche per far dire una Messa - occasione questa ottima per vedere dove viene tenuta l'agenda con la relativa busta del denaro raccolto) mentre il complice va a svuotare le cassette delle offerte o, meglio ancora, i cestini tintinnanti raccolti durante le celebrazioni. Di ciò ne parla fratel Agostino della Chiesa del Gesù, vittima più volte di simili raggiri, ma anche il sacrestano di Santa Marta a Corvetto, una delle chiese più scippate da sempre. E a poco è valsa la chiusura della porta di ingresso che dà sul porticato, «la preferita degli zingari, dalla quale potevano dileguarsi in un baleno- testimonia -. Ora sostano puntualmente sotto l'arco d'accesso alla chiesa da via Roma, in questo modo possono intercettare tanto i distratti della fermata del bus, quanto chi si reca in Chiesa. Abbiamo detto loro più e più volte che non possono sostare lì, ma anche le forze dell'ordine non possono nulla contro di loro perché non si fanno mai cogliere in fragrante, se non in rari casi...».
Oltre alle cassette delle offerte, altra preda ambita sono le borse delle signore, specie quando esse si allontanano dal proprio posto per andare a ricevere la Comunione. Scippi di questo genere si registrano un po ovunque, dalla Consolazione di Via Venti a San Nicola in Corso Firenze, da San Francesco d'Albaro a San Martino. In alcune chiese, come in Piazza Terralba, un cartello avvisa i fedeli di non lasciare incustodita borsa o giacca. Sempre che i parroci non pensino di mobilitarsi con azioni più drastiche, come «gli uomini della sicurezza» adottati da don Franco Pedemonte a Santa Zita.
C'è poi chi, come spiega don Vincenzo Ricciardi, vice parroco di San Bartolomeo della Certosa in Valpolcevera, è ricorso alle telecamere: «Due anni fa ci siamo dovuti dotare di sistemi di videosorveglianza perché nelle zone intorno alla Chiesa c'erano persone che si drogavano e abbandonavano le siringhe per terra».
Padre Carlo Moro, Priore del Santuario della Madonnetta spiega tuttavia come l'aver adottato un sistema di telecamere sia servito a poco. Negli ultimi due anni hanno registrato diversi furti, non solo di elemosine, ma soprattutto di antico e prezioso arredo liturgico: un turibolo d'argento, alcuni candelieri dorati e alcune pianete di stoffa pregiata. Ciò ha portato a una drastica riduzione degli orari d'apertura della chiesa. Stesso tipo di furti è accaduto a Sant'Agnese al Camine, a San Donato e Santa Maria di Castello. In quest'ultima, in occasione dei restauri dello scorso anno, fu tentato addirittura il furto di un paio di quadri, ma in questo caso il furto fu sventato grazie all'allarme dato da un fedele in preghiera insospettito.
C'è poi chi i furti non li teme affatto, come don Andrea Gallo: si sa, casa sua è per i poveri «e pure per i ladri» dice il prelato.
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