Se si leggono i giornali si ha l'impressione che la Liguria sia una terra fortunata, in cui la scienza alligna fortemente ed in cui le scoperte emergono come dal nulla in ogni momento. In realtà le cose, come sempre capita, sono più complesse.
I giornali danno grande risalto al periodo annuale che Genova dedica alla scienza («Festival della Scienza»). Non è difficile trovare chi ha voglia di mettersi in evidenza, sia nel caso di giovani scienziati, sia nel caso di scienziati più anziani e di non indifferente valore. Ed è un gioco, in questi casi, organizzare importanti conferenze cui si ha sempre un gran pubblico perché, oltre a chi partecipa alla conferenza perché è curioso dell'argomento, si ha il grande gruppo di chi conosce l'oratore e partecipa alla conferenza per «sentirlo» o per «ossequiarlo». Né in genere si hanno dei grossi problemi per ciò che riguarda i giovanissimi, talora addirittura i bambini, per i quali qualunque uomo di scienza va bene, purché abbia uno scilinguagnolo sciolto.
Naturalmente i giornali riportano anche il fatto che un giovin signore che in patria non ha fatto fortuna, allestero, e qui di solito segue il nome di un'importante università statunitense, ha scoperto il «gene» di qualche cosa. A parte il fatto che bisognerebbe saperne di più per giudicare quel che di fatto può derivarne, occorre ricordare che l'interazione tra geni diversi, anche appartenenti a cromosomi diversi, è sempre in agguato e di tali interazioni, ohimè, sappiamo ben poco, e spesso ignoriamo perché mai, in certe situazioni, un gene può esser ridotto al silenzio.
Ma poi ci sono anche i finanziamenti agli Istituti e ai Dipartimenti Universitari. E qui ci vorrebbe un lungo discorso, troppo lungo per mantenersi nello spazio concesso a quest'articolo. Le Università italiane attraversano un brutto periodo e i soldi non «avanzano» di certo nel borsellino della ricerca. Si dirà: ma cè il Cnr. Già. Ma, a parte il fatto che i Comitati di questo ente che assegnano i fondi per la ricerca sono costituiti molto spesso da quegli stessi professori che fanno domanda per avere i soldi per la ricerca, di frequente il totale dei fondi disponibili viene ripartito tra gli enti che hanno richiesto un finanziamento e nessuno di essi riceve l'intera somma che consentirebbe ad esso di acquisire completamente ciò che gli servirebbe per condurre a termine completamente la ricerca in programma.
Non è bello rinunciare a ciò che ti è stato assegnato, e oltretutto rischieresti, l'anno successivo, di non ottener nulla. Quale sarebbe, in conseguenza di tutto ciò, il risultato? Che quel poco di soldi che hai ottenuto vengono in qualche caso spesi in cose poco attinenti con la ricerca dichiarata. E allora si spende molto in generale per avere scarsi risultati. E questo è sicuramente un fatto cui bisognerebbe pensare seriamente.
Ma ci sono anche altri enti cui ci si riferisce con grande rispetto. E oggi si parla molto del centro «tumori» del S. Martino e dell'Università di Genova (Ist). Per esso è necessario però un discorso diverso. Dopo il professor Santi si è avuto una grande fioritura di direttori, finiti nel nulla rapidamente, quale che ne sia la ragione. Ricordo il professor Lucio Luzzatto il quale, per essere in causa con l'ente considerato, non voglio discutere. Ai miei tempi si fondava una sede del Cnr a Camogli perché così si rendeva molto più facile invitare qualche illustre scienziato americano che, con l'attrazione del mare e del sole, accettava l'invito. Non importava quel che poi in realtà facesse, quel che era veramente importante era che si potesse dire alla stampa che il professor «tal dei tali» aveva accettato l'invito del Cnr e si trovava a Camogli.
Tornando all'Ist, di cui si stava parlando, essendo tale centro «tumori» regionale, i politici hanno voce in capitolo per decidere chi debba essere il direttore, e magari litigare tra loro su tale nome.
Ma non basta. La storia non finisce qui. Si è costituito un nuovo centro di ricerca: lIit. Grandi osanna da tutte le parti. Ma, e lasciamo da parte le complicazioni nella scelta della sede da parte della Regione, quale sarà il risultato dei denari investiti in questa impresa? Non lo sappiamo ancora, per la verità. I personaggi, certamente validi, incaricati di dar vita a questa nuova iniziativa sono qui per amore del clima genovese o per fare «cose»? La risposta a questa domanda non è certo banale. Occorre considerare il fatto che la Regione è un elemento determinante nella faccenda e quel che accadrà nel centro di ricerca considerato dipenderà, almeno in parte, proprio da quel che farà o penserà la Regione. Staremo a vedere.
Per ora, del resto, non ci resta che aspettare e stare a guardare. Sappiamo benissimo, naturalmente, che non c'è un automatismo assoluto tra il far ricerca e il trovare cose nuove. È possibile che si lavori seriamente e che non si trovi nulla di straordinario. Purtroppo qui il giudizio appartiene ai competenti che, visto quel che si è fatto e come si è fatto, possono dire se il non aver trovato nulla di nuovo sta nella normalità o se è frutto del non aver fatto ciò che si doveva fare. E non mischiamo la «democrazia» dove la democrazia non entra per nulla.
Ovviamente tutto quel che si è detto finora un piccolo dubbio lo crea. È proprio necessario ricorrere sempre ai fondi pubblici? E se seguissimo di più l'esempio degli Stati Uniti d'America e ci fidassimo maggiormente dei soldi dei privati che, pure, sulla ricerca talora vivono? Anche in questo caso i rischi ci sono. Non tutta la ricerca è sempre finalizzata alle questioni che hanno uno scopo pratico. Talora si fa ricerca solo per rispondere ad una domanda di natura solo teorica e ciò può essere non poco importante. Anche in quest'ultimo caso i soldi privati arriverebbero? È difficile dirlo. Ma anche in tal caso una parziale risposta può venirci dagli Stati Uniti.
* fisico
professore emerito
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