Londra salvata dalle siringhe della mutua

Erano usate come inneschi per gli esplosivi: la loro scarsa qualità ha evitato le stragi. Si batte la pista australiana

da Londra

Gli inglesi speravano che fosse solo il ricordo di un incubo lasciato alle spalle. L’anniversario che ricorre oggi, a due anni dalla strage islamica del 7 luglio di Londra, che fece 56 morti, tra cui quattro kamikaze, sarà invece vissuto con la consapevolezza che la minaccia del terrorismo incombe ancora, forte, sulla città e sull’intero Paese. Londra due anni dopo ha rivissuto la paura dell’estate 2005 e lo stesso neopremier Gordon Brown ha avvertito i suoi connazionali: sarà un’estate di controlli serrati, di file e attese nei luoghi affollati. Ma le misure per la sicurezza del Paese sono considerate ormai necessarie, quasi indispensabili dopo i falliti attentati della settimana scorsa. «Sono convinto che la gente accetterà di buon grado un inasprimento dei controlli», ha detto il premier cercando di interpretare la voglia di sicurezza degli inglesi. Una voglia che ha trovato anche adeguate rassicurazioni da parte del primo ministro: «Credo, dagli elementi di cui sono a conoscenza, che stiamo venendo a capo di questa cellula responsabile di ciò che è accaduto», ha precisato Brown.
Le indagini in corso, insomma, stanno procedendo speditamente e stanno portando a molti risultati. Compresa la scoperta che solo per un caso fortuito - cioè l’utilizzo delle siringhe usa-e-getta della mutua britannica - le due Mercedes ritrovate a Londra non sono esplose. Il tentativo di attivare a distanza, tramite cellulare, le due autobomba piazzate nel cuore della metropoli, sarebbe fallito a causa dell’inadeguatezza delle siringhe di plastica del National Health Service. Il sistema studiato dagli estremisti islamici prevedeva infatti che una chiamata al cellulare avrebbe infiammato il liquido contenuto dentro alla siringa e innescato l’esplosione.
Ma gli investigatori ora battono soprattutto la pista australiana. Sei medici sono stati interrogati tra Perth e Kalgoorlie e all’interno di due ospedali di Perth sono stati sequestrati alcuni computer entrati in contatto con Muhammad Haneef, l’uomo arrestato in Australia all’inizio della settimana. «Le connessioni con la Gran Bretagna stanno diventando più concrete», ha spiegato Mick Keelty, capo della polizia.
E dietro al piano messo a punto dai terroristi ci sarebbe proprio Osama Bin Laden. Un’autorevole fonte straniera dei servizi segreti ha confidato al Times che «dal primo giorno è apparso come un dato di fatto che Al Qaida era dietro agli attentati e che questi erano stati pianificati con la benedizione di Bin Laden». Scotland Yard, però, rimane cauta. Sempre il Times ha rivelato che Bilal Abdulla, il medico iracheno di 27 anni che ha tentato l’attacco all’aeroporto di Glasgow, è sparito per un anno, lasciando Bagdad, dove studiava, e pare abbia viaggiato in quel periodo tra il Libano e il Pakistan. Sarebbero invece indiani, e non iracheni, come detto in un primo momento, l’altro attentatore di Glasgow, Kafil Ahmed, ancora ricoverato in condizioni gravi al Royal Alexander Hospital di Paisley, e il fratello Sabil. L’uomo ustionato in seguito all’attacco sarebbe un ingegnere e non un medico.
L’inquietante pista della cellula di medici messa in piedi da Al Qaida è ormai una realtà: fonti dell’Fbi hanno riferito che due degli otto medici arrestati avevano intenzione di trasferirsi presto negli Stati Uniti e avevano avviato le procedure per iscriversi a corsi di specializzazione medica presso strutture americane.
Ricerche, indizi.

Gli investigatori e la stampa rincorrono le storie dei terroristi coinvolti nel complotto. Intanto il premier cerca di rinvigorire l’orgoglio britannico decidendo di far sventolare la Union Jack, la bandiera nazionale, su tutti gli edifici governativi.

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