L'Ue e l'Italia scoprono l'euro il mondo lotta contro il terrore

Il settennato di Carlo Azeglio Ciampi cominciò alla vigilia del Duemila. Non è un dettaglio che si limita alla curiosità, perché il nuovo millennio sarebbe stato molto diverso dalla fine del Novecento. Gli elementi cardine di questo periodo, atteso con trepidazione per tutto il 1999, sono stati essenzialmente due: l'arrivo dell'euro e la guerra al terrorismo internazionale cominciata dopo gli attentati dell'11 settembre 2001.
L'euro è entrato in vigore per la prima volta il 1º gennaio 1999 in undici degli allora quindici stati membri dell'Unione; a questi si aggiunse la Grecia, che rientrò nei parametri economici richiesti nel 2000 e fu ammessa nell'eurozona il 1º gennaio 2001. In questi primi dodici stati l'euro entrò ufficialmente in circolazione il 1º gennaio 2002 sotto forma di monete e banconote. In quei giorni a cavallo tra la fine del Novecento e l'inizio degli anni Duemila, l'euro era vissuto con entusiasmo, come se fosse la cura a ogni male, come se in un lampo potesse cambiare le nostre vite in meglio. Si preoccupavano tutti del celebre «millenium bug», il baco elettronico che alla mezzanotte del 1° gennaio 2000 avrebbe mandato in tilt i cervelloni elettronici di tutto il mondo creando una catastrofe planetaria. Catastrofe non fu, invece. Mentre oggi, l'entusiasmo sull'euro ha lasciato spazio allo scetticismo più totale, trascinando inevitabilmente nella critica i due principali protagonisti italiani di quel periodo: Romano Prodi e proprio il presidente Carlo Azeglio Ciampi. Quella che per molti oggi fu l'Eurotruffa porta il loro marchio: il cambio scelto per la conversione lira-euro, la celebre eurotassa che fu introdotta per poter far stare l'Italia nei parametri richiesti dall'Ue, sono tutti elementi che a oltre dieci anni di distanza sono visti come i grandi errori di un'intera stagione politico-economica. C'è una parte degli analisti che riconduce a quegli errori la crisi strutturale che l'euro e l'intero vecchio continente sta vivendo da ormai quasi quattro anni.
L'altro grande capitolo dei primi anni Duemila, coincidenti con il settennato di Carlo Azeglio Ciampi, è stato quello legato al terrorismo internazionale. Gli attacchi dell'11 settembre 2001, quando Al Qaida colpì le Torri gemelle di New York e il Pentagono facendo tremila morti, cambiarono il mondo. Il pianeta scoprì allora la guerra asimmetrica contro un nemico conosciuto fino ad allora soltanto dalle agenzie di intelligence, ma non dalla gente comune. Siamo entrati in una nuova fase, definita dallo storico americano Francis Fukuyama lo «scontro di civiltà», ovvero la lotta tra l'Occidente capitalista e democratico contro il mondo islamico anticapitalista e antidemocratico. Per tutti i primi anni Duemila abbiamo assistito a una offensiva terroristica devastante: oltre agli attacchi del 2001, ci furono quelli di Madrid nel 2004 e di Londra del 2005. La gente comune ha dovuto imparare a convivere col rischio di essere colpita. Ne è nato un forte dibattito filosofico-politico sui diritti: giusto o meno privare della privacy per garantire meglio la sicurezza? Giusto limitare qualche libertà individuale per contrastare più efficacemente il nemico bombarolo? È un dibattito che non è ancora concluso. Così come non si è conclusa la lotta al terrorismo. Anzi. In quella guerra è coinvolto ancora oggi l'intero mondo, Italia compresa.

Durante gli anni di Ciampi, il nostro Paese è stato un grandissimo alleato per gli Stati Uniti: lo si è visto in Irak e in Afghanistan, dove l'Italia ha inviato migliaia di uomini, pagandone anche un prezzo molto caro in termini di vite umane.

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