Luigi Bellesini

Nacque a Trento nel 1774 e si chiamava, per la precisione, Luigi Giuseppe Gioacchino Bellesini. Nel 1793, col nome religioso di Stefano, vestì l’abito degli Eremitani di Sant’Agostino nel convento della sua città (un suo zio materno, Fulgenzio Meichelpech, era priore). Mandato a studiare a Roma, proseguì a Bologna; ma arrivarono i napoleonici e invasero lo Stato Pontificio, di cui Bologna era parte. Il Bellesini fu costretto a tornare a Trento. Qui venne ordinato sacerdote nel 1797. Nel convento cittadino si occupò di predicazione fino a quando i francesi, giunti anche lì, soppressero, al solito, tutte le case religiose. Il Bellesini dovette rientrare in famiglia e impiegarsi come maestro nella scuola comunale. Fece carriera e diventò prima direttore didattico e poi ispettore di distretto. Caduto Napoleone, riacquistò la speranza, che non aveva mai perso, di vedere ricostituito il suo convento. Ma ormai della sua famiglia religiosa non era rimasto che lui. Così, nel 1817 lasciò la città e si portò a Roma, dove gli Eremitani di Sant’Agostino rimasti si erano radunati. Fu nominato maestro dei novizi, carica che conservò quando venne trasferito a Città della Pieve. Nel 1826, sempre come maestro dei novizi, fu mandato a Genazzano, dove il suo ordine aveva ottenuto dal papa Leone XII il permesso di poter riprendere ufficialmente l’osservanza della regola.

In Genazzano il Bellesini fu incaricato di reggere una parrocchia, compito che svolse fino alla morte. Quest’ultima lo colse per colpa di un’epidemia di tifo che aveva finito per contagiare anche lui. L’anno era il 1840.

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