Marcello DOrta
Alcuni mesi fa l'editore Tullio Pironti ha pubblicato un mio libricino intitolato Elogio della bugia. Se ne parlo è solo per introdurre l'argomento dell'articolo, non per farmi pubblicità (credetemi, non racconto bugie). Nelle diciotto pagine di cui si compone, passo in rassegna bugie e bugiardi storici (a cominciare dal Serpente dell'Eden); sostengo che, in questo genere di cose, (quasi) nessuno di noi può scagliare la prima pietra (il 70% degli italiani mente tra le cinque e le dieci volte al giorno, per un totale di un miliardo e quattrocento milioni di bugie all'anno); ricordo che in Natura mentono gli animali (quando mimetizzandosi ingannano la preda o il predatore) e i vegetali (alcuni imitano l'aspetto di fiori ricchi di nettare per attirare mortalmente insetti); e infine, e soprattutto, spendo parole buone per alcuni tipi di bugie. Quali? Per la bugia «pietosa», ad esempio, quella detta per nascondere a un caro (il grave) stato della sua salute; per la bugia detta a fin di bene (e cito monsignor Myrel, vescovo di Digne - ne I Miserabili di Victor Hugo - che mentendo ai gendarmi che hanno arrestato Jean Valjean per furto, finirà col redimerlo); e infine per l'arte di arrangiarsi napoletana, che il più delle volte poggia su una bugia elevata ad arte (e qui permettetemi almeno un esempio. Peppino Marotta ricordava la figura di un bambino che col grembiule da garzone da bar, andava piangendo per le strade di Napoli, e a chi, pieno di premura, gli domandava che cos'era successo, rispondeva in lacrime: «Ho rotto le tazze... il padrone mi licenzia se non le pago... Aiutatemi voi», e con questo stratagemma si faceva in media quattromila lire al giorno).
Un paio di pagine del mio volumetto sono dedicate a quella che forse è la bugia più bella, fantasiosa e tenera di questo mondo: la bugia su Babbo Natale.
Come ognuno sa, Babbo Natale e la Befana non esistono, Babbo Natale e la Befana sono i nostri genitori (e siamo noi quando diventiamo genitori). Il giorno che feci questa scoperta, divenni più triste di Kafka, mi si appuntirono perfino le orecchie, come a lui. Ma ecco che noi disillusi, invece di sforzarci per tenere in vita questi miti, facciamo di tutto per disilludere i bambini, e chiamiamo questa malvagità pedagogia. E accade che puntualmente, sotto Natale, c'è qualche filosofo o gran pensatore che tuona contro Santa Claus, affiggendo manifesti su cui è scritto «Bambini, attenzione, Babbo Natale è una bugia! Babbo Natale è un'invenzione per spillar quattrini! Babbo Natale è un capitalista!».
Poco prima che il Padreterno (che un po' a Babbo Natale somiglia) chiamasse all'altra vita Luigi Compagnone, questi s'era scagliato contro l'Uomo vestito di rosso: «Odio Babbo Natale, Babbo Natale è una figura creata per incentivare il consumo di beni non necessari». Così la pensava anche il reverendo Dick Haig, vicario anglicano della contea di Cumbria (Inghilterra) che in una savonarolesca predica ammonì i fedeli a «non credere a Babbo Natale, perché Babbo Natale è un inganno, una truffa a danno dei bambini!». Di recente è stata la volta della stilista Marjorie Borell, secondo la quale Santa Claus è da rottamare, perché «ha l'aspetto di un nonno di due generazioni fa, e oggi i nonni sono più giovanili e in migliore forma fisica».
Qualche anno fa, un racconto autobiografico di Carlo Verdone, finì in una antologia scolastica. In quello scritto, l'attore romano dichiarava che Babbo Natale non esiste, che i regali li fanno mamma e papà. L'antologia era ad uso degli studenti delle elementari, e a Napoli scoppiò il putiferio. Le madri dei bambini di un istituto d'infanzia fecero a pezzi il volume, e se Verdone avesse avuto la (s)ventura di passare da quelle parti, avrebbe rischiato d'essere fatto a pezzi pure lui.
È andata peggio, qualche anno fa, a Maria Rita G., maestra elementare in una scuola del Prenestino. L'insegnante ha detto chiaro e tondo agli alunni che Babbo Natale è «solo una favola» (casomai avrebbe dovuto dire fiaba). I ragazzi, tornati a casa, hanno sfogato col pianto la loro rabbia. L'indomani, i genitori, incazzati neri, si sono recati dal direttore, affermando che i figli non volevano più andare a scuola. La maestra è stata licenziata.
Alcuni giorni fa, un'insegnante di un circolo didattico di Maslianico (Como), in ossequio alla verità (e forse anche al pensiero di Margherita Hack: non esistono gli Ufo, non esiste Dio, non esiste niente, esiste solo ciò che si vede col cannocchiale) ha radunato la classe e ha dichiarato più o meno così: «Bambini, orsù, tutti a me. Oggi devo dirvi una cosa importantissima, fondamentale per il vostro sviluppo psichico: l'uomo dalla barba bianca che viene dal Polo Nord con la sua slitta trainata da renne volanti, per portarvi i regali, non esiste, è una balla!». Questa rivelazione è stata fatta nell'ambito di un progetto informativo concordato anche con i genitori, ma non tutti hanno accolto la cosa con favore, un gruppo di mamme è sceso sul sentiero di guerra, lanciando urla Apache.
Bruno Bettelheim sosteneva che la fantasia è un nutrimento fondamentale per la psiche del bambino; essa si accende soprattutto nella lettura e nell'ascolto della fiaba. Ora, che cos'è Babbo Natale se non una fiaba «materializzata»? I bambini credono a Babbo Natale (ai personaggi mitici, fantastici, leggendari) perché vogliono crederci, e perché il magico è elemento indispensabile alla loro evoluzione.
A Babbo Natale inviano migliaia di lettere, raccolte da un apposito ufficio delle Poste, all'Eur di Roma. A cominciare dagli indirizzi sulle buste, tutto è bello: Per Babbo Natale, Paese degli gnomi giocattolai; Signor Babbo Natale, via dei Bimbi Buoni, 00 Cielo, Universo; Carissimo Babbo Natale, Via dei Desideri... Letterine umanitarie («Potresti portare ai negri dei semafori tanti vetri sporchi? Così lavorano anche loro»), polemiche («L'altr'anno tu hai portato a Ferretti Maurizio, ricco, l'astronavicella di I Men e il deltaplano con le istruzioni, e a me solo due schifezze da due lire»), a sfondo sessuale («In giro ci sono troppi ragazzi con la droga, Aids e ricchioni»), lugubri («Aiuterò la mamma fino alla fine dei suoi giorni»), amletiche («Sono incerta se crederti o no. Se esisti mandami una prova»).
Caro Babbo Natale, quest'anno la letterina te la scrivo pure io: a chi insegna che tu sei un'invenzione, potresti dare la prova del contrario? Vorrei che tu volassi in tutte le scuole elementari d'Italia, e facessi salire sulla slitta gli insegnanti miscredenti, portandoli nel Paese delle Bugie Indispensabili, dove tutti hanno il naso lungo e le gambe corte. E proprio per questo sono felici.
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