Per due volte ha cercato di depistare la polizia intervenuta su richiesta di una bambina per le brutalità inflitte dal patrigno alla madre. La prima gli è andata bene la seconda gli agenti sono saliti in casa e hanno scoperto una donna pestata a sangue che ha rischiato di essere sgozzata, soffocata e poi buttata dalla finestra.
Giorgio Picone ha 37 anni, barista con precedenti per armi e minacce, qualche anno fa conosce una marocchina, ora trentenne, con una figlia, nata nel 2004 da un primo matrimonio. I due vanno ad abitare in un alloggio Aler in via Areusa, zona San Siro, dove nel 2009 e nel 2011 nascono altre due bimbe. Una relazione contrassegnata da litigi e pestaggi. La donna presenta numerose denuncie, ma poi le ritira tutte. E lui ne approfitta. Nel 2011 la manda all'ospedale con il naso rotto. E quando torna con i tamponi nelle narici, la pesta ancora e la rispedisce al pronto soccorso per rimuovere i tamponi scesi in gola fino a soffocarla.
L'altra sera verso le 20 nuova sceneggiata, scatenata da una telefonata dell'ex marito. Prima le botte poi il tentativo di soffocarla davanti alle bimbe terrorizzate. La più grande chiama il 113 ma fornisce indicazioni sbagliate: il nome della mamma, non sul citofono, e il piano, il sesto. Picone ha buon gioco ad attendere in strada gli agenti e spiegare come lì non abiti nessuno con quel nome: «E poi vedete anche voi che il condominio ha quattro piani».
I poliziotti se ne vanno e lui risale e ricominciano le violenze, poi dopo le botte, cerca di spingere la donna dalla finestra e poi la colpisce con un cacciavite alla gola. Quindi apre il gas. La bimba chiama nuovamente il 113, lui intuisce che la polizia può tornare e cerca di anticiparla chiamandola a sua volta perché, spiega, c'è l'ex marito della moglie in giardino armato.
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