Guai nel Carroccio e quote rosa mettono in moto il «rimpastone»

Guai nel Carroccio e quote rosa mettono in moto il «rimpastone»

Ormai tramontata l’ipotesi una giunta tecnica sul modello del governo Monti, in Regione tira aria di rimpasto. E dalla prima idea di un «rimpastino» che avrebbe coinvolto solo i leghisti finiti nell’occhio del ciclone (politico e giudiziario), ora si comincia a ipotizzare un «rimpastone» in cui anche il Pdl possa cogliere l’occasione per una revisione della macchina arrivata ormai al suo secondo anno. Troppo appesantita, secondo qualcuno anche dentro il Pdl, nonostante gli aggiustamenti «rosa» con gli ingressi delle parlamentari Valentina Aprea e Ombretta Colli che non sono stati certo sufficienti per dare nuovo sprint alla giunta Formigoni. Quantomai necessario per respingere l’assedio mediatico dovuto alla presenza al Pirellone di ben dieci consiglieri alle prese con faccende giudiziarie. A cui, secondo quanto denunciato dal Fatto quotidiano, si sarebbe ora aggiunto anche il vice presidente Andrea Gibelli inseguito da una denuncia presentata dall’ex moglie.
Ecco perché i nomi in bilico continuano ad aumentare. Decisivo sarà l’arrivo lunedì in Regione dei triunviri Roberto Maroni e Roberto Calderoli per incontrare i consiglieri e decidere il cammino dei prossimi mesi. Scelte decisive per il Carroccio, visto che per i primi di giugno sono stati ormai fissati i congressi delle regioni e per luglio quello federale che incoronerà il nuovo leader. Ecco perché l’imperativo della pulizia interna diventa sempre più pressante. E nella Lega, come ha confermato il consiglio federale di ieri, sono determinati ad andare avanti con le ramazze senza badare troppo a garantismi considerati una pericolosa perdita di tempo. Col rischio di incrinare la fiducia di militanti ed elettori leghisti che già dalle prossime elezioni amministrative minacciano di voltare le spalle al Carroccio. Ecco perché lunedì si parlerà del caso degli assessori Monica Rizzi indagata per un’attività di dossieraggio che avrebbe favorito l’elezione di Renzo Bossi in Regione e quel Luciano Bresciani che oltre a essere a capo della sanità lombarda è medico personale di Bossi e per questo considerato vicino al cerchio magico. «Non ho nessuna informazione su un possibile rimpasto - ha detto ieri Bresciani - e non vedo su che basi. Non sono per niente preoccupato, semmai ho segnali contrari». Non solo. «Ho visto Bossi lunedì in via Bellerio e abbiamo parlato di programmi futuri sino alla fine del mandato. Poi tutto può succedere nella vita». Eventualmente «il rimpasto lo decideranno le segreterie politiche. Certo c’è il triumvirato da una parte, ma il ruolo di Bossi rimane sempre». A completare la lista dei leghisti in bilico ci sono il presidente del consiglio Davide Boni indagato per corruzione e il consigliere Giangiacomo Longoni che però ha smentito assolutamente qualsiasi ipotesi di passaggio al gruppo misto.
Acque agitate anche nel Pdl, dove l’esigenza per sentenza di rispettare le quote rosa dovrebbe portare in giunta il sottosegretario Monica Guarischi. Mentre la necessità di offrire una rappresentanza alla Brianza potrebbe promuovere il consigliere Stefano Carugo. Più difficile che Paolo Valentini lasci il suo delicato posto di capogruppo.

Tutte soluzioni interne che non comporterebbero ulteriori spese. A far loro posto qualcuno tra gli assessori Marcello Raimondi, Giulio Boscagli o Stefano Maullu a cui sarebbe stata offerto un posto da amministratore delegato di Tem.

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