Morte a Venezia, l’inglese Britten riscrive Mann

Torna oggi alla Scala (ore 20) Death in Venice (Morte a Venezia), l'opera in due atti che il compositore inglese Benjamin Britten scrisse in coda alla sua vita, tra il 1971 e il ’72. La rappresentazione scaligera, in cartellone fino al 19 marzo (info 02..72003744, www.teatroscala.org), vede una nuova produzione di Death in Venice per uno spettacolo british fino all'ultima goccia. E' originaria dell'Oxfordshire la regista Deborah Warner, è di Gloucester il direttore d'orchestra Edward Gardner. Il soggetto è tratto dall'omonimo romanzo di Thomas Mann del 1911 e ruota attorno alla figura di Gustav von Aschenbach, scrittore a un passo dalla morte e che giunto a Venezia viene turbato da un ragazzino, Tadzio. Per l'adolescente nutre una crescente passione, però mai dichiarata.
Protagonista al Piermarini non è l'annunciato tenore Ian Bostridge, che per ragioni di salute ha annullato tutti gli impegni di questo periodo, ma John Graham-Hall. Britten non era ossessionato dalla fanciullezza, solo «vede in questa fase della vita la voglia di vivere, la libertà, aspetti che poi si perdono nella fase adulta - spiega la regista -. Il resto sono solo proiezioni e cattive riletture da parte degli adulti».

Un'opera-danza, e pure un'opera cinematografica aggiunge il direttore Gardner, più volte impegnato in testi di Britten: «Ho diretto più volte Britten, però Death of Venice è diversa rispetto ai titoli precedenti, è un gioiello che sfugge dalle mani, come l'acqua, c'è molto esotismo. Non ci sono grandi scene con un soprano e un tenore per esempio, ma è un seguito di pezzi che scivolano velocemente l'uno nell'altro. E' l'ultimo Britten, d'una umanità toccante».

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