«Quei lavori creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri ed autentici - dove le preoccupazioni della concorrenza, l'acclamazione e la promozione sociale non interferiscono - sono, proprio a causa di questo, più preziosi delle produzioni dei professionisti». Le parole di Jean Dubuffet, padre nobile della così detta art brut che alla fine degli anni 40 raccolse la straordinaria produzione artistica di persone affette da disagio psichico, tornano prepotentemente dattualità davanti alle opere dei giovani pazienti del dipartimento di neuropsichiatria infantile dellospedale San Paolo. Guardandoli, questi dipinti a tecnica mista potrebbero appartenere alla collezione di qualsiasi buona galleria di arte contemporanea, per la maturità e la libertà del segno e la scelta dei cromatismi. Ma gli autori della mostra che si apre oggi al Casello Rotary di Piazza 5 Giornate artisti non sono, almeno nellaccezione riconosciuta dal «sistema» ma, per ironia e paradosso, sono giovani individui con gravissimi disturbi della comunicazione e che la psichiatria definisce «autistici». Lautismo è un disturbo che colpisce circa quattro bambini su mille per cause ancora in gran parte oscure e si manifesta intorno al secondo anno di vita con alterazioni del comportamento, del linguaggio e della capacità al gioco. Lassociazione Koala, nata quattro anni fa per iniziativa dellunità ospedaliera diretta dal professor Carlo Denti, ha affiancato alle tradizionali attività di cura laboratori di arteterapia finalizzati ad alimentare la creatività e le modalità di comunicazione dei pazienti che hanno unetà compresa tra i tre e i 18 anni. Il risultato ha stupito gli stessi sanitari perché buona parte delle opere dei circa 150 ospiti del ragazzi in cura al centro per lautismo di via Vallarsa manifestano unincredibile vitalità e una sintesi formale fortemente artistica. Alcuni lavori ricordano i grandi Maestri del neoespressionismo tedesco come Baselitz o Hödicke, altri il graffitismo americano alla Jean Michel Basquiat, altri ancora laction painting di Jackson Pollock.
«Ma un altro aspetto interessante, dice il professor Denti, è stato vedere come il disegno e la pittura favoriscano lautostima e il senso di individuazione dei ragazzi. Uno di loro, durante lesposizione, si avvicinava continuamente al proprio lavoro e lo toccava fisicamente. Lo sentiva come qualcosa di suo, un prodotto del proprio io». La mostra, aperta fino al 15 giugno, ha anche lobbiettivo di sensibilizzare lopinione pubblica sulla condizione di questi giovani che spesso pesa unicamente sulle spalle delle famiglie.
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