Se incontrate un qualsiasi esperto di palinsesti televisivi, potete stare certi che - nel giro della prima mezzora di conversazione - vi spiegherà che «la musica in tivù non paga».
Se proprio è magnanimo, quellesperto aggiungerà che «la musica in tivù non paga, tranne che si tratti del Festival di Sanremo, ma quella è unaltra storia ed è un evento molto più televisivo che musicale». E - sia che si tratti della versione minimalista e tranchant, sia che ci si imbatta nella versione lunga e motivata, quasi dotta - è una frase che va sempre bene, una specie di adattamento catodico di «non ci sono più le mezze stagioni» o «una volta qui era tutta campagna».
Ma, come spesso accade, cambiando lordine dei media, cambia completamente anche il risultato. E la radio ribalta del tutto lesito della televisione, senza che ci sia nemmeno lombra di una proprietà transitiva, anzi. Quindi: «la musica in radio paga moltissimo».
La prova del nove di questo secondo teorema è andata in onda proprio nei giorni scorsi su Radio Italia Solo Musica Italiana e su Radiodue. Nel primo caso, il merito è stato di Jovanotti che ha presentato negli studi dellemittente musicale a chilometri zero una rivisitazione del suo Ora Tour, arricchita da molte versioni inedite. Confermando, per di più, la sua straordinaria forza radiofonica, che ci fa rimpiangere sempre più la sua prima vita da conduttore su Radio Deejay. Sperando che, presto, torni anche dietro il microfono e al mix, con la risata da pischello che sfoggiava insieme a Go Jovanotti go, a Gimme five e a 1,2,3 casino, tormentoni di una generazione.
Ma, per lappunto, Lorenzo è Lorenzo. E in radio funziona a prescindere.
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