da Milano
Fondi pubblici per finanziare lacquisto di massa di titoli di credito garantiti da prestiti ipotecari, le mortgage-backed securities al centro della crisi. Potrebbe essere questa, secondo il Financial Times, una delle soluzioni individuate dalle Banche centrali delle due sponde dellAtlantico per ridare fiducia ai mercati, ma la Fed frena: «Non siamo coinvolti nelle trattative con le Banche centrali straniere per un acquisto coordinato di titoli», afferma un portavoce.
Una smentita arriva anche dalla Bank of England (Boe) che, comunque, ammette lesistenza di contatti tra gli istituti «per esaminare diverse opzioni» in grado di consentire al sistema di uscire dalla crisi. «È comunque ancora troppo presto per scendere nei dettagli», spiega un portavoce dellistituto inglese.
Lidea di un acquisto massiccio di titoli legati ai mutui subprime, svelata ieri dal Ft, sarebbe a un esame preliminare da parte degli Istituti centrali e, il solo averla presa in considerazione, indica lesistenza di «forti preoccupazioni sullo stato di salute del sistema bancario», afferma il quotidiano inglese, mettendo in evidenza come la Boe si sarebbe mostrata entusiasta dellidea, mentre la Fed capeggiata da Ben Bernanke sarebbe «daccordo in linea di principio sulla possibilità di intervenire sul mercato dei mortgage-backed securities in determinati scenari, ma solo come ultima alternativa». Più cauta, precisa lFt, si sarebbe mostrata la Bce guidata da Jean-Claude Trichet.
Se lipotesi divenisse realtà nella mega-operazione di salvataggio del sistema sarebbero inclusi anche i governi, visto che i contribuenti si assumerebbero il rischio. In Europa sarebbero così 15 i governi a doversi esprimere a favore, mentre negli Usa ancora non è chiaro - spiega il quotidiano - se lamministrazione sia favorevole o meno a un piano del genere.
Fed e Banca dInghilterra, comunque, smentiscono che si stia valutando unipotesi di acquisto massiccio di titoli. «Le banche centrali, inclusa la Bank of England, stanno cercando strade per uscire dalla crisi. Noi, comunque, non siamo tra quelle citate che propongono che siano i contribuenti, più che le banche, ad assumersi il rischio.
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