Né chiare, né fresche ma amare: fontane a secco

Fra le opere d’arte più sottovalutate, a Milano, ci sono sicuramente le fontane. Ignorate, abbandonate al degrado, talvolta lasciate addirittura senz’acqua. Alcune sono considerate una meta, la gente ci va apposta per godersele. Altre non sono più vere fontane ma solo un luogo per trovarsi. Anche perché spesso restano abbandonate e spente. C’è la fontana di Igor Mitoraj, nel quartiere Sant’Ambrogio. Una bella fontana, sperduta nella periferia sud ovest della città, circondata da un edificio vuoto probabilmente nato come piazza per negozi. Seduti sul bordo tre ragazzi seduti, perditempo in attesa di crescere. Forse non sanno neppure chi sia Mitoraj e il valore di quella fontana. Capita raramente di vederla in funzione. Perché sistemare una bella fontana in un posto così? In centro avrebbe di sicuro una visibilità maggiore.
Come quella fontana posta a vanvera, ce ne sono altre sempre non funzionanti. Mitica è quella di Piazza Gramsci, mai entrata in funzione. Dopo anni d’incuria i cittadini si sono rassegnati e pensano che recuperarle sia una missione impossibile. Milano e le sue amministrazioni dimostrano una certa incapacità di far funzionare regolarmente le fontane con la scusa di atti vandalici quando per anni sono state lasciate a secco senza alcuna manutenzione ordinaria. Senza contare il fatto che spesso la collocazione di alcune fontane è totalmente inadatta: sotto o nelle vicinanze di alberi che con le foglie vanno a intasare i condotti. Quella in Piazzale Cuoco, attivata tre mesi fa, già non funziona più. Poi c’è quella dietro al «monumento a Pertini» di via Croce Rossa, a metà di via Manzoni, giusto di fronte a Montenapoleone: nove gradoni in marmo inaugurati nel ’90, la parte alta cosparsa da un tappeto di pane secco e guano di piccioni, con l’acqua che esce da un triangolo posteriore. Qualcuno deve essersene accorto, però, perché il monumento attualmente è in restauro. Simile destino per la fontana quadrata di San Babila: donata dalla Fiera alla città nel ’96, si ritrova spesso ad essere più asciutta e spenta che fresca e zampillante. Un’altra, addirittura, non c’è neanche più. Perché era quella costruita di fronte al Duomo dall’ex sindaco Formentini, col gioco degli spruzzi a imitarne la facciata: ma non piaceva ed è stata eliminata. Poi c’è la celebre «Torta degli sposi»: realizzata nel ’34, rimossa nel ’59, e ricostruita davanti al Castello. Secondo un primo, rapido sondaggio pare che i milanesi siano affezionati a questa fontana, ma c’è anche chi la considera «brutta e fascista»: la polemica è aperta. Il rapporto tra Milano e l’acqua, dalla chiusura dei navigli in poi, è stato sempre un conflittuale amore-odio senza via di fuga. Un inseguirsi e perdersi che non ha ancora trovato pace. Lungo le sette canne con aquila al centro di Piazza del Tricolore, opera di Aligi Sassu intitolata «Cielo Terra e Mare», l’acqua si vede solo avvicinandosi molto, ma per arrivarci bisogna scavalcare i cartoni dei numerosi clochard che hanno fatto di quel luogo la loro casa. E la fontana che ha dato nome addirittura a una piazza, piazza Fontana appunto, è ormai talmente nera, con un getto d’acqua così flebile, che spesso ci si dimentica anche della sua esistenza. Gli esiti fortunati si contano sulle dita di una mano. Grazie alle pressioni di Vittorio Sgarbi è appena stato completata la prima parte del restauro della Fontana Bagni Misteriosi, una delle ultime opere di De Chirico, sicuramente la più importante tra le sculture dell’ultimo periodo anche se, forse, la meno conosciuta.

Realizzata nel 1973 durante la quindicesima edizione della Triennale di Milano, è visibile all’interno del parco Sempione, nella sua collocazione originale. Con questa opera l’artista volle regalare alla città le sue memorie di bambino, uno scorcio di quel mare e di quella spiaggia che proprio a Milano mancano.

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