«Nessuno protesta, questo è un regime»

L’ex governatore contro il silenzio dei sindacati

Ai suoi per un attimo s’è gelato il sangue: «Devo chiedere scusa all’assessore Giovanni Battista Pittaluga». Ma è stato subito chiaro che Sandro Biasotti aveva scelto l’ironia, per denunciare che «questo è un regime localistico».
L’ex governatore agli Stati Generali con enti locali e parti sociali sulla manovra finanziaria della Regione aveva sperato di sentire almeno un mezzo intervento critico sulla manovra fiscale che lui definisce «una tartassata che non ha eguali negli ultimi dieci anni». Non fosse altro che perché quando lui provò ad aumentare mica tutte le tasse, ma solo quelle universitarie, «ci fu una sollevazione popolare, il magnifico rettore disperato, gli studenti invasero la Regione, i sindacati scesero in piazza per una settimana».
Macché. L’unica che nella sala del Maggior consiglio a palazzo Ducale ha provato a dire che «la tassazione non per scaglioni ma su tutto il reddito imponibile produce ingiustizie» è stata Anna Giacobbe il segretario generale della Cgil Liguria. la quale però ha smorzato i toni da sé, segnalando che «forse non si poteva fare diversamente e comunque ormai è fatta». Floriano Cerdini il segretario della Uil poi s’è limitato a dire che «vorrei discuterne, di questa manovra, per capire come verranno impiegate le risorse». Biasotti va al microfono e spara: «Cerdini vuole discutere, ma se la manovra è già fatta!». E poi, appunto: «Devo chiedere scusa a Pittaluga. Perché quello di aumentare le tasse è sempre stato un suo pallino, ma noi lo convincemmo a non farlo. Avevamo ereditato 130 miliardi di deficit gestionale sulla Sanità dalla giunta Mori, ma ci rimboccammo le maniche. Abbiamo sbagliato, le tasse avremmo dovuto metterle anche noi, visto che adesso tutti sono contenti». Burlando risponde che «nessuno si oppone perché tutti sono preoccupati dalla situazione» e rinfaccia a Biasotti di aver messo «il ticket sanitario, che è ben più iniquo delle tasse».

Biasotti replica che il ticket c’era già con la giunta Mori, che lo tolse solo per la campagna elettorale. Alla fine, vale quel che Burlando dice sornione entrando al Ducale: «La Finanziaria regionale? Nessuno la vuole ma tutti la votano».

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