Neuropsichiatria, i bimbi e il terremoto

Da due anni a questa parte, un bambino abruzzese su sei rivive il dramma del sisma, mentre l’81% nel territorio aquilano e una media del 30% nel resto della regione, soffre di stati d’ansia dopo la terribile notte del terremoto che ha distrutto L'Aquila e lasciato cicatrici profonde nel territorio, nelle case e nella memoria dei suoi abitanti, soprattutto dei più giovani. «Abbiamo dimostrato come il terremoto a L’Aquila non è finito il 6 aprile di due anni fa. Questi bambini hanno vissuto un forte trauma e hanno conosciuto l’esperienza della morte». Così il dottor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, sintetizza i risultati del primo studio scientifico al mondo realizzato per conoscere, studiare e curare gli effetti di catastrofi naturali sulla psiche dei bambini. L’indagine scientifica e l’attività clinica correlata, illustrata recentemente a L’Aquila, alla presenza di studiosi e ricercatori di tutto il mondo, in particolar modo dalle aree più esposte al rischio terremoti, è stata promossa dall’Ordine dei ministri degli Infermi-Camilliani con il coordinamento scientifico del Bambino Gesù, il sostegno della Caritas italiana e la collaborazione dei pediatri abruzzesi.
o studio, che ha coinvolto complessivamente più di 7mila bambini, si propone di fornire nuovi dati e più approfondite conoscenze su quella che viene definita Sindrome Postraumatica da Stress (Ptsd), ossia le conseguenze, anche a lungo termine, sulla psiche di quanti abbiano vissuto in prima persona una tragedia; che sia la guerra per i veterani (protagonisti in passato di ricerche di questo tipo) o, come nel caso di questa indagine, un terribile terremoto come quello che devastò l'Abruzzo.
Grazie al lavoro degli esperti dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù è stato riscontrato che la risposta al trauma è differente a seconda dell’età del piccolo, del luogo in cui si trovava al momento della catastrofe, della distanza dall’epicentro e perfino del sesso: le bambine sembrano essere infatti le più colpite. Vicari spiega infatti che «tra i bambini di età compresa fra i 3 e i 5 anni, non sono state rilevate particolari differenze tra gli aquilani e i loro coetanei abruzzesi. Le differenze si notano, invece, confrontando i risultati dei bambini tra i 6 e i 14 anni. I disturbi d’ansia colpiscono 8 piccoli aquilani su 10 (nel resto della regione solo 3), mentre i casi di sindrome post-traumatica da stress hanno interessato il 15,4% dei casi (contro lo 0,4 generale). Più della metà dei bambini de L’Aquila, sottoposti a visita specialistica, dunque, presenta un problema di natura psicopatologica». Non intervenire o anche intervenire male o in netto ritardo può seriamente pregiudicare la serenità di un bambino di oggi e, quindi, di un adulto di domani. Per far questo diventa fondamentale riuscire a individuare quei piccoli segnali che nascondono al contrario grandi traumi (come leggeri stati d’ansia, disturbi del sonno, paura, ipervigilanza) che se cronicizzati possono portare nel tempo anche a comportamenti antisociali. Sono rischi che possono essere scongiurati se si sa come intervenire. Del resto, peggio del ritrovarsi protagonista inconsapevole di una tragedia, è probabilmente solo il doverla rivivere costantemente, il ritrovarsi sempre quelle immagini davanti agli occhi che siano chiusi o aperti, e la paura di non riuscire mai a liberarsene, il terrore di non poter «guarire». Il dottor Vicari sottolinea, infatti, che «la psicopatologia che segue una catastrofe è stata sottovalutata e sottostimata nella popolazione pediatrica. Ora, con questo studio possiamo dire che il problema c'è».


Questa lavoro di ricerca costituisce un modello applicabile in altre aree del mondo colpite da catastrofi, affinché in qualunque parte del pianeta ogni bambino possa godere dell’aiuto di un professionista. Proprio con questo scopo è stato avviato un gruppo internazionale partito per il Cile dopo il terremoto del 2010. Interesse è stato già manifestato anche ad Haiti e in Giappone.

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