«Niente sesso, penso solo al cinema»

«Un uomo non attraversa la vita seguendo un percorso dritto e orizzontale; spesso non si ferma alle stazioni indicate sull’orario; a volte abbandona del tutto i binari; a volte si tuffa sotto la superficie e per un po’ di tempo è perduto, oppure si libra nell’aria e viene scagliato contro il fianco di un pendio scosceso...», ho scelto queste parole di Henry Miller perché è uno degli autori preferiti da Carlo Rossella, al quale con questa intervista chiedo quali binari ha abbandonato, per quanto tempo si è perduto sotto la superficie, quante volte è stato scagliato con violenza contro una montagna.
«Il primo binario che ho abbandonato è stato l’università. Volevo fare la carriera universitaria, avrei voluto studiare in America. Non ci sono riuscito, sono stati scelti altri al posto mio e ci sono rimasto male. Poi ho deciso che non era il mio mestiere e ho scelto di fare il giornalista».
Quale altra delusione le ha fatto cambiare strada?
«Quella politica. Negli anni Settanta ero molto tentato dal mettermi in politica, facevo anche il giornalista e ho rischiato di danneggiarmi. Ho dovuto fare una scelta radicale. Ho detto: “basta, non mi occupo più di politica”, e ho cominciato veramente a trovare la mia strada».
Ha cambiato anche bandiera. Era un militante comunista, oggi sostiene il centrodestra.
«Quando è caduto il muro di Berlino mi sono reso conto che avevo creduto in un mondo dissolto. Mi sono trovato come un personaggio di Joseph Roth di fronte al crollo dell’impero asburgico. Ho capito che era il momento di riflettere sulla mia vita e ho trascorso due anni in “apnea”. Poi è scoppiato il fenomeno Berlusconi. Ho capito che lui era l’uomo giusto per risolvere i problemi di questo Paese, che era capace di far nascere gli ideali».
Cos’ha provato quando il Presidente è stato colpito al volto?
«Ho sentito un grande dolore. Perché colpire una persona che fa del bene al Paese, che ama la gente, che non ha mai fatto del male a nessuno, che lavora diciotto ore al giorno per l’Italia? Vedere l’odio di un pazzo sapendo che è stato istigato da certe polemiche, da una durissima guerra contro il premier, dalle frasi d’odio contro di lui lanciate da esponenti politici che tutti conosciamo, mi ha fatto capire che quella era la punta di un iceberg pericoloso. Un iceberg formato da persone che sanno solo odiare e non sanno costruire niente di buono. Gente che lavora al servizio del male».
A proposito di odio, quando qualcuno subisce sulla propria pelle l’odio mediatico, quello che ti rende vulnerabile e fragile di fronte a tutti gli altri, cosa scatta dentro?
«Una rottura molto forte, soprattutto contro quel mondo che quell’odio lo scatena. Tu sei sempre amico di tutti fino a quando non ti accorgi che qualcuno te la tira. Quando questo accade ci rimani male, ti chiedi: “ma come, io non ho fatto niente e questo mi scaglia addosso tutto quest’odio?”. Ecco, penso che Berlusconi si senta così tutti i giorni quando vede i giornali, soprattutto se si considera che il suo punto di vista è quello di una persona che non ha mai fatto del male a nessuno. Lo stesso accade a noi, personaggi conosciuti, quando siamo attaccati per stupidaggini che invece a chi ti attacca sembrano cose grandissime».
Il web contribuisce a creare questo clima di negatività, riesce davvero a manipolare le masse?
«È il più grande sistema di manipolazione delle masse. Dobbiamo cominciare a riflettere sugli aspetti malefici di internet. Guarda per esempio Wikipedia, le biografie possono essere aggiornate da chiunque. Ma siamo pazzi! Non c’è nessun controllo sulle notizie, è uno strumento di diffamazione continua di tutto e di tutti. Il peggio del mondo è su internet, i pedofili, le puttane, la pornografia, tutto lo schifo vero».
Mancanza di controllo e anonimato esonerano dalla responsabilità personale. Cosa si può fare?
«Bisogna che gli stati facciano degli accordi per regolarlo. Ci sono le regole per la televisione, per la carta stampata, nella società civile, non vedo perché lì non debbano essercene. Basta. Hanno ragione i cinesi. Viva la Cina!».
Un altro momento di grande cambiamento nella sua vita è derivato dalla morte di suo padre. In quell’occasione ha scoperto la fede in Dio, o l’ha ritrovata?
«L’ho ritrovata. Ho capito che è una cosa straordinaria. Tu non pensi alla fede quando stai bene, quando non hai nulla, però quando stai male se non ce l’hai stai peggio. Mio padre nel dolore aveva una grande serenità, e questa è la cosa che mi ha fatto ritrovare la fede in Dio. Lui fino all’ultimo ha sperato nell’aiuto del Signore, poi ha capito che non poteva esserci, che quello era il suo destino. Era sicuro che la sofferenza gli avrebbe regalato un merito nell’altra vita».
Il volto di Dio è pieno di misericordia, di compassione, di carità. Dove trova lei questi sentimenti?
«Negli umili. Gli umili sono caritatevoli e misericordiosi, il poco che hanno lo danno, provano compassione. Poi ci sono le eccezioni, come il nostro Presidente del Consiglio con il suo conservatorismo compassionevole, una formula lanciata da Bush: la gente deve contare sulle proprie forze, ma quando non ce la fa lo Stato deve intervenire, la deve sostenere. Abbiamo visto che sforzo ha fatto Berlusconi in Abruzzo. Nessun capo di Stato nella storia d’Italia, dal terremoto di Messina in poi, ha fatto ciò che ha fatto lui. L’Abruzzo è diventato un altro suo figlio».
Oggi lei è presidente di Medusa. Vive nello star system del cinema. Ma esiste ancora quell’incanto che ne fa un mondo a sé?
«Sì. Il cinema è un mondo fantastico. La gente sogna con il cinema e quel sogno ognuno lo vive a modo suo».
Nella sua vita professionale ha fatto molti cambiamenti. È stato direttore di grandi quotidiani, di settimanali, di telegiornali nazionali, inviato. Mi sembra di capire che con Medusa ha trovato la sua realtà perenne.
«Questo è il lavoro che mi piace di più di tutti gli altri. Perché lavoro nel sogno, mi dedico al sogno che è il cinema e mi piace troppo. Mi piace essere l’uomo dei sogni».
Le delusioni però non mancano. Una di queste è la difficoltà di un grande film italiano, forse uno dei migliori, Baarìa, di scalare l’Olimpo. Di prendere un premio internazionale.
«Il film probabilmente non è stato capito. Oppure c’è una certa prevenzione nel cinema italiano, una mala sorte, non lo so. Ma credo che su questa cosa dovremmo riflettere molto».
Cambiamo registro. Recentemente ha dichiarato che ama le donne ma non pratica il sesso. Un altro punto e a capo?
«Un’ossessione da cui mi sono liberato. Non me ne frega niente del sesso, è una cosa che non mi fa né caldo né freddo».
Ha detto di avere provato angoscia, estasi e tormento con dodici donne, il numero degli apostoli. Com’è stata l’ultima cena?
«La più bella. L’ultima cena è stata mia moglie, sono sposato da 32 anni. Mi attribuiscono sempre decine di fidanzate, donne, mi dà fastidio che se tu sei seduto a un bar a chiacchierare con un’amica finisci sui giornali di gossip con titoli del tipo “ecco il nuovo flirt di Carlo Rossella”. Sono cose che non esistono. Ma anche i fotografi devono lavorare, forse allora per chiacchierare con le mie amiche devo andare in chiesa. Soprattutto d’estate quando le chiese sono fresche».
Feltri nel 2004 ha avuto per lei parole dure, pur ammettendo che la ama ugualmente. Lei cosa pensa di Feltri?
«Che è un grande giornalista e che con il nuovo giornale sta svolgendo una funzione fondamentale per la vita politica di questo Paese».
Lavorerete mai insieme?
«Non mi dispiacerebbe lavorare con Feltri. Sinceramente».


Chiudo citando ancora Miller: «...devi farti annullare come essere umano per rinascere come individuo». È davvero così?
«Non mi piace molto. È pessimista. Io vorrei concludere con questa frase: “Viva la vita finché il Signore ce la lascia”».

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