C inquemila: tante sono le mamme italiane che ad oggi hanno aderito al Progetto Ninfea e così facendo hanno deciso di dare un contributo importante per tutelare la salute dei bambini e delle future mamme. Ninfea (sigla che sta per Nascita e Infanzia: gli Effetti dell'Ambiente) è infatti un progetto scientifico che si propone di approfondire la conoscenza dei fattori che possono causare complicanze durante la gravidanza e malattie nei bambini, dalla nascita fino all'adolescenza. Conoscenza che servirà per mettere a punto misure concrete di prevenzione. Avviato nel 2005 dagli epidemiologi dell'università e dell'ospedale Molinette di Torino, Ninfea nasce dalla constatazione che la salute degli esseri umani è fortemente influenzata dagli ambienti e dalle circostanze che si incontrano nei primi anni di vita, ed ancor prima, nell'utero materno. Per capire come queste esposizioni con il passare degli anni influenzino il sorgere di malattie, la cosa migliore è seguire fin dalla nascita (ed ancor prima, dalla gravidanza) un gran numero di bambini raccogliendo man mano informazioni sul loro stato di salute e sul loro sviluppo accompagnandoli così nel processo di crescita. É quello che gli epidemiologi chiamano Studio di coorte di nuovi nati. «Con questo tipo di studio - spiega Lorenzo Richiardi, coordinatore del progetto - potremo studiare se, ed in che modo, l'assunzione di farmaci in gravidanza possa avere conseguenze sul futuro stato di salute del bambino, se e come la durata dell'allattamento materno influenzi il suo sviluppo, se l'esposizione all'inquinamento atmosferico nei primi anni di vita, il lavoro svolto dai genitori o le condizioni economiche producano qualche effetto anche più in là nel tempo, così come ci interessa sapere quale influenza hanno leprime malattie infettive, la dieta o l'assunzione di alcol da parte della madre o la sua abitudine al fumo, solo per citare alcune delle esposizioni di interesse». Nel 2005, quando la costituzione di coorti di nuovi nati cominciava a prendere piede in Europa, anche gli epidemiologi di Torino decisero di iniziare uno studio di coorte di questo tipo.
Ma lo fecero sperimentando un approccio innovativo, che lo differenziava da tutti gli altri, ossia basandosi massicciamente sull'uso di internet «Tutto lo studio è svolto solo attraverso il web», sottolinea Richiardi.gloriasj@unipr.it
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