«Assurda. Non trovo altre parole per definirla». Roberto Galvani ci mette pochissimo a scovare un aggettivo che fotografi la situazione. Galvani è un membro del Comitato di Salute Pubblica di Busalla, un'associazione di ispirazione ambientalista presente anche in consiglio comunale il cui cavallo di battaglia è sempre stato, naturalmente, la questione Iplom: «L'incidente dell'altra sera non fa che evidenziare una situazione, appunto, assurda che si trascina da sessant'anni: uno stabilimento lavora sostanze tossiche a un tiro di sasso da un centro abitato». Il Comitato ha anche un sito internet in cui denuncia, con un libro bianco on line, tutti gli incidenti già avvenuti alla raffineria.
Il pericolo, secondo laccusa, è doppio: da una parte l'inquinamento dell'aria e delle acque dello Scrivia, dall'altra, come dimostra l'episodio di giovedì sera, la sicurezza. È pura fortuna, secondo Galvani, che nessuno si sia fatto un graffio: «Provate soltanto ad immaginare se l'incendio fosse scoppiato di giorno, con l'autostrada piena di macchine. Già, perché oltretutto l'Iplom è vicinissima anche all'A7».
Certo, ma è un dato di fatto che lo stabilimento incriminato porti lavoro e ricchezza nel circondario. Come la mettiamo? «Su questo non c'è dubbio: massimo rispetto per i posti di lavoro. Voglio chiarire una volta per tutte che il nostro Comitato si batte soltanto per la delocalizzazione dell'impianto, e non per la sua chiusura: semplicemente, non troviamo pericolosa l'Iplom in sé, ma la sua posizione».
Ci si prepara ad un'importante battaglia di questa guerra infinita: questa sera si terrà infatti una seduta straordinaria del consiglio comunale dedicata alla scottante questione, in cui il sindaco Mauro Valerio Pastorino avrà il difficile compito di mediare tra un nutrito schieramento pro-Iplom e il Comitato. Ciononostante, i toni di Galvani non sono ostili: «Aspetteremo di ascoltare il discorso del sindaco, prima di decidere le strategie da adottare». Pastorino, nel frattempo, può consolarsi con la buona riuscita del piano di emergenza, che ha limitato le evacuazioni soltanto a poche case e per una manciata di ore: «Non abbiamo ritenuto necessario dar luogo ad una evacuazione di massa perché sapevamo che non c'era rischio di esplosioni e di emissioni tossiche in quanto il serbatoio in fiamme non conteneva sostanze pericolose». Effettivamente il più vicino tra quelli a rischio distava quaranta metri, «così abbiamo preferito evitare di seminare il panico».
Da parte sua, l'azienda fa sapere, tramite un comunicato stampa in cui evidenzia il fatto che non ci sia stata nessuna emissione dannosa, di essere al lavoro per identificare le cause dell'incidente e per evitare il ripetersi in futuro di simili episodi. Secondo l'addetto alla sicurezza Eraldo Parodi, si sta indagando su un ventaglio di possibilità che va dall'anomalia tecnica (l'impianto che ha preso fuoco è quello della purificazione del gasolio pesante, che era stato appena riavviato dopo una manutenzione) all'errore umano, mentre l'ipotesi del dolo, cui aveva accennato un'agenzia di stampa, è categoricamente esclusa.
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