Visionarie, anzi tecno-visionarie. Sono le donne, giovani e meno giovani, che credono nell'innovazione. Alcune siedono al vertice di aziende nazionali e internazionali, altre sono studiose capaci, altre ancora stanno muovendo i primi passi nella professione: tutte sono accomunate dalla passione per l'hi-tech e, palmare e cellulare in mano, disposte a qualsiasi cosa pur di sfatare il luogo comune che vorrebbe il gentil sesso nemico della tecnica. Dalle imprese alla pubblica amministrazione passando per le università, tecnologia è oggi sempre più un sostantivo femminile plurale: le donne vi si sono appassionate con abnegazione (31mila imprese tecnologiche sono guidate da donne in Italia) e intendono promuovere un hi-tech sempre più rosa.
Wired Italia, Bibbia dell'innovazione e delle nuove tecnologie, lo conferma: «Secondo una ricerca, non siamo una rivista solo maschile: la nostra lettrice media è una dea», commenta Chiara Alpago-Novello, caporedattore del mensile diretto da Riccardo Luna. Dea sta per donna evoluta adulta, che usa con dimestichezza l'hi-tech, anche per emergere sul lavoro, e che è sovente stanca di sorbirsi triti pregiudizi. Tra le prime ad intuire l'importanza delle nuove tecnologie per una più qualificata occupazione femminile è Gianna Martinengo, che s'innamorò del computer nel lontano 1981, quando viveva in America con la sua famiglia. Tornata in Italia fondò Didael, la prima azienda a occuparsi di formazione a distanza attraverso il web. Oggi pluripremiata imprenditrice, ha ideato Women & Technologies (www.womentech.info, 150mila visitatori), laboratorio di ricerca sul rapporto tra le donne e la tecnologia. Se pensate che il progetto viva solo della virtualità del byte, vi sbagliate: nelle scorse settimane, al Museo della Scienza e Tecnologia di Milano Gianna Martinengo ha radunato in convegno uno stuolo di tecnovisionarie di diversi settori che ha fatto il tutto esaurito tra il pubblico. Aboliamo il mito per cui la tecnologia serve a noi donne solo per sbrigare le faccende di casa: dobbiamo passare dall'essere utenti a produttrici di hi-tech - spiega - . È un campo in cui abbiamo il potenziale per emergere poiché in questa fase gli interessi delle aziende si sono spostati dal prodotto al servizio: capacità innate alle donne quali multidisciplinarietà, attitudine all' ascolto e flessibilità sono sempre più importanti.
Davvero il futuro delle donne nell'innovazione - si perdoni il gioco di parole - è rosa? Pare di sì, a guardare esempi come Roberta Cocco, direttore Marketing centrale di Microsoft Italia, Maria Grazia Filippini, amministratore delegato di Sun Microsystems Italia, Patrizia Grieco, amministratore delegato di Olivetti, Maria Virginia Rizzo, responsabile web del Ministero dell'Interno. Esiste poi un esercito di Cyberellas (ovvero di Cenerentole del computer), giovani e giovanissime studentesse appassionate di informatica, come dimostra il recente Libro Bianco su donne e ICT stilato dalla Commissione Europea dopo uno studio approfondito su cinque Paesi comunitari, tra cui il nostro. Tuttavia, in Italia molte 15/18enni smanettone al momento della scelta sugli studi secondari o universitari scelgono ancora percorsi umanistici, lasciando le lauree scientifiche e gli istituti tecnici ai ragazzi.
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