Il nuovo redditometro non deve essere un mezzo di tortura

Il redditometro è un ottimo strumento per sconfiggere l’evasione fiscale, per l’imposta sul reddito, purché sia costruito bene, con criteri matematici, su dati certi. Se da essi si desume che una persona spende, per sé e per la famiglia, più di quel che dichiara, i casi sono due: o ha dei redditi, che non sono oggetto di dichiarazione, come quelli dei titoli sottoposti a cedolari secche oppure che sono legalmente valutati con catasto agricolo che li sottovaluta.
In passato, quando io istituii il redditometro, come ministro delle Finanze, nel 1983, non esisteva internet. Quindi ci si doveva rifare, soprattutto, a dati che il contribuente indicava nella sua dichiarazione dei redditi. Nel 1992 la sinistra, quando io ero presidente della Commissione finanze del Senato, pretese che la dichiarazione dei redditi contenesse una minuziosa serie di informazioni sul contribuente. Ne venne così, nonostante il mio parere contrario, un modulo che fu definito lunare. Alla maggioranza della Commissione pareva che in questo modo si potesse agevolare la lotta all’evasione. Ma il risultato fu l’opposto, perché la eccessiva complicazione dava luogo a errori difficili da controllare.
Attualmente non c’è bisogno delle informazioni sul tenore di vita, nella dichiarazione dei redditi. È molto meglio riferirsi alle banche dati, che si possono raccogliere, con gli strumenti informatici. Però il contribuente deve essere al corrente del contenuto del redditometro perché il rapporto fra lui e il fisco deve essere leale. Nel redditometro, in origine, c’erano non solo spese, come quella per il personale di lavoro domestico o l’affitto, ma anche beni importanti, come autovetture, aerei, imbarcazioni da diporto, cavalli, abitazioni proprie principali e secondarie, parchi, anche intestati a società o terzi ma in uso proprio. Ciò non per risalire al loro acquisto: se questo è avvenuto in anni per i quali l’accertamento tributario non è più possibile, è sbagliato indagare su come il contribuente si è procurato quei beni. Invece, ognuno di questi beni comporta spese di uso e manutenzione. E quindi il redditometro deve avere tabelle che indichino il valore ordinario di tale spese.
Il contribuente però deve avere la possibilità di fornire la prova che nel suo caso la spesa è minore. Ad esempio, potrebbe non avere mai usato il motoscafo, che è rimasto all’attracco. Allora conta solo la spesa per tenerlo nel porto. Le abitudini delle persone negli anni ’80, erano diverse da quelle attuali. Quindi il redditometro va aggiornato considerando spese, come quelle per i centri benessere e per l’uso della rete, che un tempo non esistevano. Per fare ciò il fisco non deve andare a casaccio, ma fare elaborazioni statistiche, che lo informano sulla rilevanza delle varie spese, in modo da inserire nel redditometro quelle «rappresentative». Ci sono, sul redditometro, grossi equivoci. Esso ha due funzioni fra loro distinte. La prima e principale è quella di indirizzare il fisco nel controllo delle dichiarazioni dei redditi. Ci sono persone che non risultano al fisco, ma fanno spese rilevanti che emergono col redditometro. Il fisco può sottoporre questi soggetti a verifica, per accertare come ciò sia possibile. Ci sono casi particolari in cui può accadere che una persona abbia un grande tenore di vita, perché è mantenuta da un’altra, che è ricca. Ma molte volte si tratta di criminali o soggetti con una professione anomala, i cui compensi hanno la forma di regali. Allora il reddito presunto potrà essere accertato automaticamente, mediante il redditometro. Ma in altri casi, il contribuente ha fatto una dichiarazione dei redditi con imponibili inferiori a quelli redditometro. Allora, il fisco non può procedere automaticamente all’accertamento induttivo mediante il redditometro. Può fare l’accertamento induttivo automatico solo in un’ipotesi: quella in cui la dichiarazione dei redditi presenti ripetute irregolarità di contenuto o di forma e quindi appaia inattendibile.

Quando il divario fra reddito dichiarato e valore del reddito presunto risultante dal redditometro sia molto grande, il fisco utilizzerà il redditometro, ma il contribuente potrà evitare la tassazione automatica che ne deriva od ottenerne una riduzione se dimostra che ha redditi non soggetti a dichiarazione, come quelli sottoposti cedolare secca o a catasto o che le spese che il redditometro rileva non corrispondono alle sue, ad esempio perché la villa a lui intestata è in uso al figlio, che è un ricco signore con congrua dichiarazione dei redditi. Insomma il redditometro non va concepito come uno strumento di tortura fiscale , ma soprattutto come un buon termometro.

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