Omero&Co., penne fantasma

Il caso più celebre di «scritore fantasma» dell’intera storia della letteratura, naturalmente, è quello di William Shakespeare (anche se già dietro a Omero esiste una millenaria «questione»). Comunque, dietro al nome di Shakespeare nel corso dei secoli si sono voluti vedere decine e decine di altri autori (c’è chi ne ha contati sessanta!), dal filosofo Francesco Bacone al drammaturgo Christopher Marlowe, dal cardinale Wolsey a sir Walter Raleigh. Nel Settecento grande successo ebbero i «frammenti di poesia antica raccolti negli altipiani di Scozia e tradotti dalla lingua gaelica» del leggendario bardo Ossian (vissuto nel III sec.), almeno fino a quando si scoprì che in realtà erano falsi, ovvero versi scritti dallo scozzese James Macpherson (1736-69). Nel Novecento, invece, forse il caso di scrittore più “invisibile” e discusso, è quello dell’americano Thomas Pynchon. Ancora oggi sono molti a sostenere che in realtà l’autore-culto di L’incanto del lotto 49 sia solo una fortunata invenzione editoriale. E in Italia?.

A parte il successo del gruppo di “scrittori fantasma” che hanno scelto di chiamarsi prima Luther Blisset e poi Wu Ming, va ricordato il caso recente - scoppiato proprio un anno fa grazie a una serie di pezzi usciti su La Stampa - della scrittrice misteriosa Elena Ferrante (che esordì con successo nel 1992 con L’amore molesto per le edizioni e/o) dietro alla quale qualche critico ha creduto di vedere la penna dello scrittore Domenico Starnone.

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