Theodore Roosevelt è il terzo volto da sinistra. Il più nascosto nel monumento di Rushmore. Non nel cuore degli americani, però. Piace a molti, non a tutti, ovvio. Ma piace. Ogni volta che l'America vuole un riferimento morale pensa a lui, al presidente Teddy. «È uno dei più grandi presidenti che l'America abbia mai avuto», ha scritto di recente l'economista Luigi Zingales. «Uno statista di cui ci sarebbe un gran bisogno, in America come in Italia, sia per le sue doti personali che per le sue idee politiche».
Politicamente nacque come capo della polizia di New York. All'epoca, a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, New York era già una città molto complicata da gestire. Avete presente ciò che ha fatto negli anni Novanta il sindaco Rudy Giuliani? Ecco, Roosevelt fece più o meno la stessa cosa, adattata ovviamente ai tempi: condusse una battaglia senza precedenti contro la corruzione e contro la pratica clientelare diffusa praticamente in qualunque affare riguardasse il pubblico nella metropoli. La prima cosa per la quale diventò celebre fu l'introduzione di un test psico-fisico per chi si candidava a entrare nel corpo di polizia: fino ad allora, a New York poliziotti si diventava grazie agli appoggi di amici influenti, specie se erano politici o pezzi grossi della polizia.
Oggi tutto questo sembra banale. Non lo era allora. Roosevelt era un uomo colto: si laureò in Legge a Harvard e si iscrisse poi anche alla Columbia University. A 24 anni, però, era già un politico: eletto al Congresso dello Stato di New York con il Partito repubblicano, cominciò lì la sua avventura. E così la storia di un presidente il cui cognome è celebre più per Franklin Delano che per lui. Non c'è confronto tra la popolarità del presidente del New Deal e quella del suo omonimo (e lontano parente) predecessore. Eppure la rivalutazione di Theodore è ampiamente in corso. Il primo Roosevelt piace soprattutto oggi perché a lui viene riconosciuta quella statura morale che per molti analisti manca alla politica contemporanea.
Dopo il seggio al Congresso statale, per Teddy arrivò la nomina a capo della polizia di New York e subito dopo il primo incarico a Washington: aiuto segretario alla Marina durante l'amministrazione McKinley. La biografia ufficiale custodita alla Casa Bianca racconta così il seguito immediato: «Allo scoppio della guerra ispano-americana, nel 1898, Theodore Roosevelt stupì tutti: lasciò infatti ogni incarico governativo per entrare nell'esercito. La guerra durò pochi mesi, ma bastarono a far conquistare al futuro presidente degli Stati Uniti la fama di eroe nazionale».
La guerra vinta fu l'inizio del Secolo americano. L'influenza degli Stati Uniti cominciò a essere sempre più forte e poi crescerà proprio con la presidenza di Theodore Roosevelt. Alla Casa Bianca arrivò per la morte del predecessore McKinley, poi grazie al voto della gente. Fu eletto nel 1904, non senza qualche mugugno del Partito repubblicano all'interno del quale non tutti lo amavano. Lo consideravano poco gestibile, troppo incline alla personalizzazione dell'amministrazione. Tutte caratteristiche che oggi farebbero comodo a molti candidati.
La sua presidenza fu caratterizzata da una serie di riforme che per molto tempo sono state ignorate dai libri di storia: nel complesso il pacchetto prese il nome di Square Real. Era una serie di norme anti-monopolio e di protezione dei consumatori. Una forma di liberalismo etico che ha trovato amanti e detrattori a fasi alterne. Oggi la critica propende per il favore nei confronti dei provvedimenti. Una delle teorie dominanti nella storiografia politica americana è che con il presidente Teddy gli Stati Uniti siano diventati moderni: a lui viene attribuito il primo provvedimento che vietò l'uso di prodotti chimici dannosi per la salute nella conservazione dei cibi. Sempre durante la presidenza Roosevelt fu varato il Pure Food and Drug Act, che proibì la vendita di medicinali di dubbia qualità.
In politica estera la sua presidenza si caratterizzò per l'ampliamento di quell'influenza politico-diplomatico-militare che era cominciata con la Guerra ispano-americana. Nel 1906 Roosevelt ottenne il premio Nobel per la Pace: aveva fatto da madiatore per la soluzione della guerra tra Russia e Giappone. Fu il primo americano a ottenere il riconoscimento. Buono, Rooselvelt. Buono e molto intelligente: l'onorificenza gli diede una visibilità internazionale mai avuta da un presidente americano e lo pose come uno dei grandi protagonisti della politica internazionale del primissimo Novecento.
L'eredità politica e culturale del primo Roosevelt è sempre ambita. Ogni presidente, prima o poi, dice di ispirarsi a lui: l'Americano medio ha imparato a identificare Teddy con il politico etico, il garante delle libertà e contemporaneamente il moralizzatore senza esagerazioni populistiche. Un tipo moderato, innamorato della politica, nemico delle lobby, dubbioso sull'opportunità che l'economia invada troppo la politica, scettico sulle alleanze tra partiti e mondo finanziario. Insomma un modello. Per i repubblicani e per i democratici.
Uno al quale si ispira Obama, ma al quale s'è ispirato anche Bush e al quale si potrebbe ispirare anche Mitt Romney, l'attuale candidato repubblicano alle presidenziali. Un presidente di tutti. Forse più di tutti gli altri.
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