Orologeria, l’anno nuovo con i vecchi problemi

Anno nuovo, problemi antichi. Si potrebbe riassumere così l’attuale momento dell’orologeria mondiale, dopo le due più importanti esposizioni del 2011. A Ginevra, il dato emerso nei numerosi e fitti incontri tra distributori e titolari dei punti vendita è stato, per certi versi, anche meno positivo dello scorso anno, ma, certamente, più «qualitativo». L’attenzione al sell out e alla crescita degli stock è stata il leit motiv delle trattative, contestualmente a puntuali analisi sulle tendenze della propria clientela consolidata e potenziale. Un elemento, questo, che va decisamente preso in considerazione alla luce degli entusiastici commenti degli espositori, che hanno chiuso la fiera con un portafoglio ordini al di là di ogni aspettativa.
La ripresa, oggettivamente in atto, testimoniata anche dai risultati delle esportazioni delle Industrie Orologiere Svizzere nei primi due mesi, cozza inevitabilmente con le disparità nei vari mercati. Lo spettacolare crescendo del Far East trainato da Cina (ha incrementato le importazioni dalla Svizzera del 119,1% rispetto al 2009), Hong Kong e Singapore, l’accertata ripresa della Russia e il lento recupero degli Usa, non devono distrarre da una situazione molto delicata in Europa, in cui tranne la Francia e l’Inghilterra, tutti gli altri mercati stanno facendo molta fatica. Lo scorso anno il Belpaese ha sostanzialmente confermato il livello delle importazioni dal territorio elvetico effettuate nel 2009 e i dati Istat sul totale degli orologi importati nel 2010, evidenziano un incremento in valore di poco più del 9%. Non c’è da stare molto allegri, soprattutto, se si disaminano le potenzialità del sell out, ancora lontane dal garantire una rotazione che vada oltre la soglia del minimo indispensabile. Il prezzo medio degli ordini per l'Alta Orologeria si è ricalibrato verso il basso e i pezzi top acquistati difficilmente hanno superato i 50/60mila euro, mentre la fascia medio-bassa si sta focalizzando su un range di prezzo che va dai 400 agli 800 euro, imponendo nuove variabili competitive. A tutto ciò vanno aggiunti, specificamente, nell’haut-de-gamme, i cronici ritardi nella consegna delle novità, e non solo, con conseguenti, elevati rischi di perdere importante clientela, per non parlare di una sempre maggiore quota di acquirenti stranieri rispetto agli italiani, tale da far rielaborare al trade le tipologie di prodotti funzionali alle strategie di vendita. Fortunatamente vi sono persone e realtà aziendali che vogliono cantare fuori dal coro, che sanno di poter sfruttare un momento di debolezza dei competitor, muovendosi con prontezza e rapidità per attaccare frontalmente al fine di acquisire quote di mercato.

Attenzione, dunque, a ben interpretare, relativamente al 2010, il +24,3% del segmento orologiero di Swatch Group, il +29% di Lvmh Watch&Jewelry, la previsione del Gruppo Richemont verso un +30%: la positività va valutata nel lungo termine e, ormai, il sell-in può trasformarsi in un elemento distorsivo.

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