Milano Un paio di giorni, al più tardi entro la settimana. Poi Carlo De Benedetti potrà passare all’incasso di uno dei risarcimenti più alti che un tribunale civile italiano abbia mai assegnato con una singola sentenza. 560 milioni di euro, oltre mille miliardi delle lire con cui - all’epoca della «guerra di Segrate» - si calcolava il valore dei pacchetti azionari contesi tra l’Ingegnere e Silvio Berlusconi. Una somma colossale, destinata a pesare significativamente sui conti sia del vincitore che dello sconfitto.
La causa, va detto, non è finita: Berlusconi ha tempo trenta giorni (che, vista l’imminente pausa estiva dei termini, si estenderanno fin verso la fine di settembre) per ricorrere in Cassazione. Ma nel frattempo, come tutte le decisioni di secondo grado in materia civile, la sentenza è immediatamente esecutiva. In teoria, insieme al ricorso in Cassazione la Fininvest potrebbe chiedere alla Corte d’Appello di sospendere l’efficacia della sentenza per i danni «gravi e irreparabili» che essa potrebbe creare: ma si tratterebbe di una istanza con poche chance di successo. E soprattutto una mossa in tal senso sarebbe neutralizzata dalla fideiussione che la stessa Fininvest ha già stipulato a favore della Cir di De Benedetti, proprio per garantire alla holding dell’Ingegnere l’incasso immediato del risarcimento se avesse vinto anche il giudizio di appello. In cambio della fideiussione, come è noto, a suo tempo la Cir aveva rinunciato a portare immediatamente all’incasso la sentenza di primo grado emessa nel 2009 dal giudice Raimondo Mesiano.
Gli scenari, insomma, a questo punto appaiono semplici. O la Fininvest, una volta che Cir le avrà notificato la sentenza di ieri, effettua il megabonifico a favore dell’Ingegnere. Oppure, se Fininvest recalcitra, De Benedetti va in banca e presenta all’incasso la fideiussione. A versare la somma, in quel caso, sarebbe il pool di istituti di credito (Intesa, Unicredit, Montepaschi e Popolare di Sondrio) con cui il gruppo di Berlusconi ha stipulato l’accordo. Poi le banche si rivarrebbero sulla Fininvest.
In realtà, l’azienda del Biscione non ha interesse a lasciare che De Benedetti metta all’incasso la fideiussione, perché l’intervento delle banche comporta robusti oneri finanziari che andrebbero ad aggravare ulteriormente il costo dell’operazione. Così lo scenario considerato più probabile è che sia direttamente Fininvest a pagare, magari chiedendo qualche forma di garanzia per essere sicura di rivedere la somma nel caso che la Cassazione ribaltasse in futuro la sentenza.
Fininvest, d’altronde, non dovrebbe avere difficoltà eccessive a recuperare la liquidità necessaria, senza dover ricorrere alla cessione di parti del patrimonio aziendale. L’azienda ha un patrimonio di 2,5 miliardi di euro, e una dotazione liquida che a fine 2008 ammontava a oltre un miliardo mentre l’intero gruppo che fa capo a Fininvest conta su ricavi per ben 5,8 miliardi e utili per 160,1 milioni. Insomma, una situazione solida, che vede le tre principali società in cui Fininvest è presente (Mediaset, Mondadori, Mediolanum dove la quota è del 32 per cento) macinare utili.
Tanto che negli ambienti bancari l’imminente salasso ordinato dai giudici viene guardato senza particolare preoccupazioni, «siamo di fronte ad una azienda solida che può fronteggiare un esborso anche di questo rilievo facendo ricorso ai mezzi propri o alle normali linee di credito». La stessa Fininvest aveva dato d’altronde prova di guardare con fiducia alla propria capacità di sopportare una «botta» di queste dimensioni, non accantonando somme a bilancio in vista dell’esito della causa.
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