Paradossi Contratto in trasferta? Meglio a casa senza far niente E duemila offerte vanno in fumo

Ai provini per «XFactor» si sono presentati in 21.056. Alla fine vincerà uno solo, e forse diventerà davvero una popstar. Stamattina nelle vetrine delle agenzie «Manpower» ci sono 2.104 posti di lavoro a disposizione, 562 rivolti a laureati. Alcuni sono lì da mesi. Come l’offerta per un ingegnere a Bari, 30mila euro l’anno a tempo indeterminato, più supporto logistico in caso di trasferimento. A Milano avevano trovato due candidati perfetti per la posizione. Hanno rifiutato entrambi, per lo stesso motivo. «Sa, i miei genitori...». «Stanno male?». «No, è che ho sempre vissuto con loro, non me la sento di andare a stare da solo. E poi...» E poi? «Be’, in Puglia ci sono stato in vacanza l’estate scorsa, è così lontana». Altri 15 disoccupati, solo a dicembre, hanno rifiutato tre posti da responsabile di un negozio di abbigliamento, tra Lombardia ed Emilia-Romagna. Posto fisso, stipendio buono, percentuale sugli utili. Ma anche loro avevano lo stesso problema. Gli esperti di «job placement» la chiamano «indisponibilità alla mobilità». Insomma: meglio a casa senza far niente che in trasferta a lavorare. Pochissimi lo scrivono sul curriculum, la maggior parte lo confessa solo un secondo prima di non firmare il contratto.
Le graduatorie per andare a insegnare nelle scuole italiane sono infinite. L’ultimo grido, tra le 24.404 matricole che l’anno scorso si sono iscritte a Lettere, è «Io voglio lavorare in una casa editrice». Eppure Marco Colombo, presidente dei giovani imprenditori di Confartigianato, ci ha messo tre anni per trovare uno stampatore per macchine offset da assumere nella sua azienda, l’«Editoria e grafica Colombo» a Valmadrera, antico borgo in provincia di Lecco. «È un lavoro tecnico, artigianale, ma anche molto vario», spiega Colombo. I dipendenti sono una decina, e tutti sono coinvolti nell’intero processo produttivo, dall’ideazione alla commercializzazione. «Insomma, dopo qualche anno di esperienza qui, un giovane in gamba può mettersi in proprio e farmi concorrenza». La produzione va dalla cartellonistica ai cataloghi aziendali, fino ai volumi di arte e storia locale. «Ho speso una cifra in annunci sui giornali e nelle agenzie di collocamento – racconta Colombo –. E ho assunto la bellezza di dieci apprendisti, uno dopo l’altro: giovani e meno giovani, diplomati e laureati». Stipendio base: 1.800 euro al mese. Risultato: «Hanno mollato tutti di propria iniziativa. Una ragazza ha preferito andare a fare la segretaria, a uno stipendio molto più basso, pur di lavorare 10 chilometri più vicino a casa. Altri non accettavano di dove fare qualche ora di straordinario nei periodi di carico maggiore, altri ancora non volevano prendersi la responsabilità di controllare da soli la fase di stampa». Alla fine, Colombo il problema l’ha risolto «rubando» alla concorrenza un dipendente già esperto.
In Sicilia, rivela uno studio della Cisl, il tasso di occupazione nel 2008 è sceso al 44,6%, 15 punti in meno della media nazionale.

Franco Riccobono, titolare di una piccola azienda di Palermo, cercava un meccanico di precisione. Dopo mesi di ricerca a vuoto, a dicembre ne ha fatto arrivare uno dalla Romania. E i giovani delle scuole professionali? «Non ce n’è uno che sappia fare qualcosa». PBel

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