Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Roma - Acque agitate per i dalemiani d’Italia. Non c’è burrasca solo in Liguria, con l’arresto di Pronzato (e le indagini su Morichini). Qualche vento spiacevole soffia pure in direzione Sud, sulle coste del Salento caro a Baffino. Un anno fa il suo fedelissimo Sandro Frisullo, già vice di Vendola in Regione Puglia, finisce arrestato per l’affaire Tarantini. Ora salta fuori che in quell’indagine era «attenzionato», e intercettato da marzo a maggio 2010, anche Roberto De Santis, imprenditore vicinissimo al presidente del Copasir (e insieme a Morichini comproprietario dell’Ikarus II). De Santis, tra l’altro, un link con la Liguria ce l’ha: era nel Cda di Festival crociere spa, insieme con Raffaele Bozzano, già a capo della società di intermediazione assicurativa ItalBroker, ora guidata dal dalemiano Franco Lazzarini, amico di Morichini.
A tirare in ballo De Santis, soprannominato «il banchiere di D’Alema», era stato nei suoi interrogatori proprio Gian Paolo Tarantini, il «re delle protesi» pugliese che, secondo l’accusa, si battagliava il mercato della sanità regionale con le aziende di famiglia del senatore Alberto Tedesco, ex assessore pugliese alla Sanità (e lui stesso, pur di estrazione socialista, divenuto nel Pd un convinto dalemiano), ora sotto richiesta d’arresto.
«Giampi», infatti, mette a verbale di aver conosciuto Frisullo, e la «lady Asl» barese, Lea Cosentino, proprio tramite De Santis. Di conseguenza, su quest’ultimo si accendono i riflettori degli inquirenti. Anche perché Tarantini, tra le tante cose, riferisce che in un incontro tra lui e De Santis a Roma, in piazza Navona, «parlammo di Frisullo, e io dissi che avrei potuto coinvolgere anche Frisullo avendo mandato anche a lui delle donne». Dunque l’imprenditore salentino legato a «Baffino» avrebbe saputo in tempo reale delle «tangenti sessuali» pagate da Tarantini al vicepresidente della Regione.
Ma non solo. Ancora «Gianpi» riferisce di aver parlato con De Santis di «tante iniziative da fare nel mondo della Sanità, ma non se ne è mai concretizzata alcuna». E aggiunge di aver voluto «ricompensare» l’imprenditore dalemiano «delle conoscenze che mi aveva fatto fare»: «Gli pagai - mette a verbale - una vacanza in barca a Saint Tropez nel luglio 2008 pagando l’intero viaggio (10mila euro alla società Mangusta) a lui, a Castellaneta, Francesco Nettis (titolare di una ditta che eroga gas) e delle ragazze loro amiche; gli ho inoltre regalato 2 o 3 orologi costosi del valore complessivo di circa 60mila euro (...) gli ho messo più volte a disposizione macchine, autisti e pagato ristoranti».
Finisce tutto in una nota che la Gdf invia ai pm baresi a gennaio 2010, in cui «vengono analizzate le dichiarazioni in ordine alle figure e alle condotte di Frisullo, Salvatore Castellaneta (avvocato considerato vicino al dalemiano Nicola Latorre, ndr) e Roberto De Santis». I tre, scrivono gli inquirenti, secondo Tarantini avrebbero «accreditato le aziende» di Gianpi nelle Asl pugliesi, «favorito l’illecita aggiudicazione di gare e appalti» e «fornito copertura “politica e istituzionale” a livello regionale». Quest’ultima, in particolare, è l’attività che gli investigatori ritengono sia stata svolta da De Santis. Opera da lobbista, stile Morichini, non necessariamente inquadrabile in un’ipotesi di reato. Ma i pm non sembrano così drastici. I verbali di Tarantini in cui vengono approfonditi i rapporti con De Santis sono ricchi di omissis, che potrebbero nascondere dettagli interessanti e noti solo agli inquirenti: «De Santis mi presentò anche (...) mi inviò dal (...) per un progetto sulla tracciabilità delle sacche di sangue (...). Ho conosciuto, tramite De Santis (...)». Le risultanze della nota della Gdf di gennaio trovano sponda nei pm che, a marzo 2010, mettono De Santis sotto intercettazione alla vigilia dell’arresto di Frisullo, nella convinzione che le manette per l’ex vice di Vendola avrebbero potuto «indurre De Santis e Castellaneta a riferire, tra loro o con altri, elementi e circostanze utili al prosieguo delle indagini». E, in una richiesta di proroga delle intercettazioni di De Santis, datata fine marzo, c’è un passaggio dei pm che ne farebbe ipotizzare l’iscrizione nel registro degli indagati. Gli inquirenti rimarcano la necessità di proseguire l’ascolto per «acquisire ulteriori elementi utili al rafforzamento dell’architettura accusatoria delineata a carico dell’indagato nonché attenzionato». È un piccolo giallo: De Santis non risulta indagato né vi è notizia di uno stralcio della sua posizione dalle carte dell’inchiesta su Frisullo.
Di certo, nel periodo in cui il grande orecchio giudiziario spia De Santis, emerge quello che un’informativa delle Fiamme gialle definisce «malessere» manifestato dall’imprenditore «per l’azione condotta da taluni giornalisti, volta ad approfondire notizie sulla sua persona». De Santis, il cui legame con Frisullo per gli inquirenti è così stretto che «non si può escludere una conoscenza da parte sua delle illecite condotte tenute da Frisullo o un suo coinvolgimento nelle stesse», viene intercettato mentre si attiva per «frenare» due giornalisti. La prima è Francesca Pizzolante, cronista di una tv locale, Telerama. De Santis viene a sapere il 22 marzo dal fratello Massimo che la giornalista fa domande su di lui, e replica: «Mh... rintracciami il numero di Paolo Pagliaro (proprietario di Telerama, ndr)». Meno di un’ora dopo, De Santis riceve la chiamata di un tale Rino: «Roberto, lui non sapeva niente (...) ha già fatto una telefonata al direttore, che qualunque cosa non si faccia (...) stai tranquillo». Il giorno dopo arriva in zona l’inviato di Panorama Giacomo Amadori. De Santis commenta: «Stanno preparando qualche porcata», ma l’articolo stavolta esce tre giorni dopo.
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