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Pechino bolla gli «indesiderabili» Niente alcolici per neri e mongoli

Le autorità cinesi sono preoccupate dai disordini a San Li Tun, cuore della movida

Vietato servire alcolici a neri e mongoli. È il nuovo divieto, non scritto, almeno per ora, della Pechino olimpica. Le autorità cittadine stanno mettendo a punto un piano per evitare che, nelle due settimane in cui Pechino ospiterà i Giochi, le categorie bollate come «indesiderabili» non abbiano accesso all'alcool nei locali notturni di San Li Tun, cuore del divertimento notturno della capitale cinese.
Nel mirino della polizia, su tutti, i neri e i mongoli: i primi sarebbero considerati come i maggiori responsabili dei disordini notturni dovuti al consumo eccessivo di alcol; ai mongoli, invece, viene imputato il traffico di prostitute che nei locali e nelle discoteche della zona abbordano i turisti occidentali.
Conosciuta anche come “Jiubajie”, letteralmente “via dei locali che servono alcol”, San Li Tun è diventata tristemente nota a Pechino soprattutto per il traffico di droga, che in più occasioni ha comportato la chiusura di pub e discoteche, e per le risse di strada, finite anche su YouTube. Nei giorni scorsi, agenti di pubblica sicurezza sono entrati nei locali della via e hanno parlato con gestori e proprietari per informarli della nuova ordinanza. «Gli agenti - spiega uno dei proprietari - mi hanno raccomandato di informare i clienti di mostrare tutte le volte il passaporto o un documento di identità».
La campagna contro le illegalità nel quartiere era cominciata alcuni mesi fa: blitz mirati della polizia avevano portato all'arresto di molti dei frequentatori notturni dei locali di San Li Tun. A fare le spese del pugno di ferro contro le illegalità anche figli di diplomatici e rampolli della Pechino bene. Mai prima d'ora, però, le attenzioni delle forze dell'ordine si erano rivolte con particolare attenzione a etnie precise, considerate pericolose. «La sicurezza è importante, ma Pechino sta diventando una fortezza!», sbotta il proprietario di uno dei locali della zona. «Posso capire che il governo cerchi di fermare le illegalità, ma la discriminazione razziale non va in quella direzione», spiega un cittadino britannico di colore che lavora nella capitale.
Oltre ai divieti a sfondo razziale, ci sono anche altre iniziative temute dai baristi: voci non confermate parlano di chiudere tutti i locali notturni e i pub nel raggio di due chilometri attorno alle strutture che ospiteranno le competizioni.

Dopo le restrizioni sul rilascio dei visti d'ingresso in Cina, molti alberghi e ristoranti della capitale hanno visto ridursi significativamente gli introiti, con cali anche del 50%. «One world, one dream» recita lo slogan dei Giochi: un mondo difficile, però. Almeno per neri e mongoli che vivono a Pechino.

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