Capisco. Un quattro in pagella non piace agli alunni, ai genitori, ai parenti tutti. Si prende su e si porta a casa. Ma se poi riguarda un calciatore allora il gruppo si ribella, può diventare moltitudine, per qualcuno folla, accade come nelle manifestazioni di piazza, per gli organizzatori trattasi di centinaia di migliaia, per le forze dellordine di una sparuta minoranza. Nel caso in questione il quattro in pagella a Ronaldinho, per la sua prestazione offerta contro il Real Madrid, ha suscitato malumori, reazioni velenose, qualche insulto isolato, tutta roba da repertorio del football vissuto e sofferto. Già andato in onda, nel mio caso, con gli juventini sospettosi e con gli interisti mormoranti.
Il voto è come una cravatta, molto personale. Posso aver sbagliato il nodo, non la scelta del tessuto, del colore, dellabbinamento al resto dellabbigliamento. Potrei ricorrere allopinione di un illustre campione del passato il quale, a commento della prova del brasiliano, ha detto: «Ma allora perché si è ritirato Zidane? E perché mi sono ritirato io?». Potrei aggiungere i fischi e le imprecazioni di alcuni tifosi rossoneri dopo la prima ora, abbondante, con gli errori e le distrazioni dello stesso calciatore brasiliano ma non aggiungerebbero nulla al mio pensiero. Ronaldinho è un lusso che il Milan si può permettere quando il risultato finale premia la squadra (era accaduto a Siena e si è ripetuto a Madrid). È un artista alla memoria, pensa di poter ripetere gesti e gesta del suo repertorio di un tempo ma il logorio della vita e del football moderno non glielo permettono.
Quanti tiri in porta ha effettuato al Bernabeu? Quanto volte è entrato in area di rigore? Quante volte ha perduto il pallone in zona critica? Daccordo, un paio di dribbling sono stati spettacolari; daccordo, quando si è ritrovato un avversario addosso, a volte è nato un calcio di punizione e la squadra ha potuto rifiatare. Ma è questo il ruolo per il quale Ronaldinho è stato ingaggiato? È questo il rapporto qualità-prezzo (siamo nel mondo del mercato e della comunicazione)?
La mia risposta è no, quella dei tifosi milanisti, non tutti, è che Ronaldinho a Madrid «ha giocato una partita superba», Fabio Caressa e Giuseppe Bergomi lhanno definita «ottima, eccellente». Mi chiedo e vi chiedo: allora Pato che cosa ha fatto? Il marziano? E Nesta? Nembo kid? Il calcio vive di emozioni, per fortuna, e non soltanto di ripartenze e aggressioni degli spazi. Sotto questa luce la partita di Madrid ha saputo offrire il meglio delle passioni e dei tormenti, le gaffes parrocchiali dei due portieri e gli errori gravi dellarbitro, i gol negli ultimi minuti, quello validisissimo annullato dallo sciagurato belga e quello decisivo e poi latmosfera unica dello stadio spagnolo, il tappeto bellissimo derba vera, il fascino delle due squadre e il fatto stesso che la vittoria, strameritata, del Milan venga letta come «impresa». Su questo non possono esserci dubbi, nemmeno il grande Milan di Sacchi ci era riuscito, questo diavolo minore ce lha fatta.
Ma su Ronaldinho conservo e ribadisco i miei pensieri, senza prevenzione, senza astio, anzi con la rabbia di vedere un campione, per un certo tempo (tra lultimo periodo a Parigi e i primi anni a Barcellona) un fenomeno, che insegue se stesso e illude chi lo aspetta, condizionando le scelte di chi deve guidare la squadra, Ancelotti prima e Leonardo dopo (tralasciando Frank Rijkaard).
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