Il ritorno dellincubo Grecia sul destino dellEurozona e un mercato interno italiano che ristagna inducono le imprese del nostro Paese a guardare sempre più ai mercati esteri come unopportunità imprescindibile per uscire dalla stagnazione: il pil della Penisola è risultato in contrazione per il terzo trimestre consecutivo e le prospettive di ripresa sono tuttaltro che immediate.
In questo sforzo per spostare le vendite verso i mercati dove la domanda rimane marcata, gli esportatori italiani sono aiutati, oltre che dalla loro flessibilità, anche da segnali forti provenienti dagli Stati Uniti, dal Giappone e dai Paesi ormai impropriamente definiti «emergenti». LOcse ha diffuso infatto i nuovi valori dei cosiddetti «indicatori avanzati», concepiti per evidenziare i primi segnali di cambiamento nelle fasi di rallentamento o di espansione delleconomia. Ebbene, tali indicatori suggeriscono che nei «Brics» (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) il rallentamento del ciclo è solamente una pausa nel processo di crescitaecomica degli ultimi anni. Le esportazioni italiane verso i Paesi extraeuropei hanno registrato, secondo le rilevazioni dellIce di gennaio, un aumento del 4,8% tendenziale con picchi del +21,7% della Russia e del 15,4% dei Paesi Opec: un dato positivo che dimostra come linternazionalizzazione dellattività produttiva rappresenti già oggi unopportunità percorsa in misura sempre crescente dalle imprese del made in Italy per il proprio sviluppo.
Tanto è vero che dalle esportazioni, come prevede Prometeia, dovrebbe arrivare un contributo positivo al Pil pari all1,1% nel 2012 e al 0,5% nel 2013. I mercati esteri sono uno sbocco importante non soltanto dal punto di vista della domanda di beni e servizi, ma anche per gli effetti indotti di cui le imprese possono beneficiare quando sviluppano gli interscambi con lestero.
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