Banche, Bruxelles stoppa Renzi

Dijsselbloem: «Gli istituti italiani rispettino le regole Ue, non si torna indietro»

Gian Maria De Francesco

Raffaella Malito

Roma La trattativa tra Roma e Bruxelles sui salvataggi bancari è una corsa a ostacoli. Il governo sta cercando una soluzione che consenta di intervenire sul Monte dei Paschi di Siena sia sul versante delle sofferenze che su quello della patrimonializzazione.

Il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha però richiamato l'esecutivo al severo rispetto delle regole gelando le speranze del premier Renzi. Le banche italiane non possono tradire le nuove normative europee sui salvataggi (il cosiddetto bail in), che prevedono il coinvolgimento degli azionisti, degli obbligazionisti e dei correntisti con depositi sopra i 100mila euro per tutelare i contribuenti. «Fino al primo gennaio si potevano sostenere le banche con il denaro proveniente dai contribuenti - ha detto Dijsselbloem - ma ora questa possibilità è stata limitata e non vogliamo tornare indietro». Parole che vanno in direzione opposta a quelle pronunciate dal vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, secondo cui le ricapitalizzazioni precauzionali di banche solventi da parte dello Stato sono possibili a patto che vengano rispettate, certo, tutte le condizioni della direttiva sui requisiti di capitale (Brrd). Potrebbe trattarsi, quindi, di un gioco delle parti. Fonti vicine al dossier fanno però notare il diverso peso politico tra il numero 2 della Commissione Ue e il presidente del comitato dell'euro.

«Diverse misure sono state prese dall'Italia per fronteggiare la situazione del settore bancario: lo schema di cartolarizzazione per i non performing loans, il Fondo Atlante, il sostegno alla liquidità: siamo in contatto con le autorità italiane e continuiamo a monitorare la situazione, siamo pronti ad agire se necessario», ha spiegato Dombrovskis affermando che tutto dipenderà dalle richieste italiane. In pratica, la Commissione Ue sta aspettando un piano concreto del governo che sarà messo sotto attentissimo scrutinio.

Il cuore della trattativa è la sospensione, anche parziale, del burden sharing, cioè i meccanismi di condivisione dei costi fra gli investitori quando una banca va in crisi. La Commissione Ue ha già lasciato intendere di essere pronta a sospendere questo principio per gli investitori non istituzionali mentre il governo italiano vorrebbe la sospensione anche per tutti gli altri investitori. Altrimenti una ricapitalizzazione da parte di un soggetto pubblico o a coordinamento pubblico non sarebbe possibile senza coinvolgimento dei risparmiatori. La tensione del premier Matteo Renzi ha qui la sua origine. Dopo aver smentito il Financial Times, sulla possibilità che il Tesoro possa procedere unilateralmente sui salvataggi delle banche scavalcando la Ue, ci ha tenuto a far notare che la vera questione sulla finanza in Europa non sono i crediti deteriorati italiani ma i derivati di altre banche (chiaro riferimento a Deutsche Bank). Eppure dal verbale della riunione del direttivo della Bce del 2 giugno scorso è emerso un clima di generalizzata preoccupazione per lo smaltimento delle sofferenze.

Durante la riunione, si legge nel resoconto, è stato chiesto che il problema dei prestiti deteriorati (Npl) «venisse risolto in modo comprensivo e a tutti i livelli così da evitare un'ulteriore frammentazione dei sistemi finanziari dell'area dell'euro»

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