Difficile trovare chi non sappia che Mario Draghi è il presidente della Bce. O che il governatore della Banca d'Italia si chiama Ignazio Visco. Sfidiamo invece a dire chi sia Thomas J. Jordan. Eppure il presidente della Banca nazionale svizzera (Snb) ha ieri mostrato a tutti la differenza. Quella tra gli svizzeri, che «hanno una banca», e gli europei che non ce l'hanno, cioè i 19 Paesi dell'eurozona, Italia compresa. Thomas J. Jordan, alle 10.49 di ieri mattina, ha fatto sapere con un comunicato a mercato aperto che la Snb non avrebbe più difeso il cambio (...)
(...) di 1,2 franchi per un euro, fissato a questo livello dal 2011. Ebbene, se fino alle 10.49 servivano 1,19 franchi per comprarsi un euro, alle 10.50, cioè un minuto dopo, ne bastavano 0,87: in meno di un minuto tutte le attività degli svizzeri o comunque in franchi svizzeri (case, titoli, banconote) si sono improvvisamente rivalutate del 27,5% rispetto all'euro (e grosso modo rispetto alle altre valute). Il cambio si è poi assestato sulla parità: un franco per un euro: comunque il 20% in più. Jordan, cinquantunenne bernese specializzatosi ad Harvard, ha deciso che non avrebbe più difeso il cambio del franco perché, in vista della mossa della Bce di acquistare titoli in euro, ha ritenuto che la svalutazione della moneta unica avrebbe reso troppo dispendioso tenere il cambio fisso. E nello stesso tempo, per compensare il superfranco, ha abbattuto i tassi d'interesse sui «conti a vista» interbancari fino al -1,75%, rendendoli così assai sconvenienti. Ma questa volta le motivazioni economico-monetarie, che sono anche altre e ben più complesse, ci interessano meno. Quella che ieri è stata davvero impressionante è la velocità dell'intervento e degli effetti di questo sul mercato e, di fatto, su un'intera nazione. Certo, parliamo della Svizzera, 8 soli milioni di europei mai entrati in Europa, ma comunque ventesimi al mondo per un Pil che è un bel 40% del nostro, davanti a Paesi come Svezia, Polonia, Belgio. Ma gli svizzeri hanno le leve. Tutte le leve. Noi italiani no. A Berna poteri dello Stato e Banca centrale possono coordinarsi. E decidere. Anche molto in fretta, come si è visto ieri. Un abisso rispetto a quello a cui stiamo assistendo nell'eurozona, dove sentiamo parlare di «quantitative easing» (l'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce) ormai da un paio d'anni e ancora non si sa se e quando inizierà. Nel frattempo Draghi ha dovuto subire le mosse di chi ha una banca. Gli Usa, per esempio, che immettendo sul mercato più di 3mila miliardi di dollari hanno indebolito il biglietto verde e spinto l'euro alle stelle, rilanciando i propri consumi e creando inflazione. Mentre in Europa è successo l'opposto, di fronte a una Bce bloccata da una Germania egemone, a cui andava bene così, e da altre 18 spinte uguali e contrarie che si annullavano tra loro.
Forse il blitz elvetico di ieri dovrebbe convincere i grandi Stati europei che hanno voluto l'euro che il loro Eurosistema, a sedici anni dalla nascita, va rivisto. Servono, in sintesi, «nuove regole d'ingaggio» per la politica monetaria sul mercato. O chi ha una banca ci prenderà sempre e comunque in contropiede.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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