Francesco Sisci è stato il primo straniero ammesso alla Graduate School dell'Accademia cinese delle Scienze sociali e per più di 20 anni ha lavorato come corrispondente da Pechino per diverse importanti testate. Ha scritto libri e saggi e oggi, oltre a insegnare politica occidentale all'Università del Popolo, è opinionista di affari internazionali per la Cctv e la Phoenix tv. Insomma la persona giusta con cui parlare del video di scuse di Dolce e Gabbana.
Come l'ha trovato?
«Molto bizzarro. Per prima cosa hanno uno stile troppo da Rivoluzione Culturale, come se la Cina fosse rimasta lì. E poi con volto contrito-irritato pronunciano entrambi la frase Se abbiamo sbagliato. In pratica si scusano senza scusarsi davvero e questo dà un altro messaggio di antipatia. Insomma mi sembra che non abbiano capito fino in fondo cosa è successo».
Quindi non pensa che il video sortirà l'effetto sperato?
«Penso che loro abbiano perso e stiano perdendo sempre di più la faccia con i cinesi. La Cina non è l'Italia e si sa che neanche l'Italia è semplice da capire: in ogni regione ci sono regole e tradizioni diverse da rispettare. Insomma per non fare gaffe bisogna avere una vera padronanza della situazione. Secondo me D&G nell'ignoranza si stanno affogando sempre di più».
Si dice che questo video sia stato richiesto dal governo cinese preoccupato dalle violente proteste davanti ai negozi D&G e nei centri commerciali che li vendono. Secondo lei è vero?
«Non lo so. Ma se fosse non hanno capito la richiesta e comunque non l'hanno soddisfatta. Se devi fare un'operazione al cervello usi un bisturi affilatissimo, non un coltellaccio da cucina».
È ancora possibile riparare a questo disastro e, nel caso, come?
«Difficile dirlo, certo non si possono dare consigli in pillole. Se si fossero scusati subito in modo efficace la cosa sarebbe potuta rientrare. Oggi direi che la situazione è molto compromessa e comincia a esserci un contagio asiatico e globale. Quindi recuperare mi sembra difficile e incerto».
Potrebbe esserci un effetto domino sull'intero made in Italy?
«Comincia già a esserci e anche qui bisogna intervenire ma senza coinvolgere lo Stato. Altrimenti si rischiano ulteriori danni».
DF
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