Quanti di coloro che, sotto l'onda emotiva degli assassinii di Parigi, inalberarono con orgoglio il cartello «Je suis Charlie», o sfilarono per le vie della capitale francese al seguito di una cinquantina di capi di Stato e di governo inneggiando alla libertà di stampa lo rifarebbero oggi? Temo, non moltissimi. Con il passare dei giorni, si è infatti assistito a un fenomeno imprevisto, che dimostra come i fratelli Kouachi - non so quanto coscientemente - abbiano scelto benissimo il loro bersaglio. Dopo avere preso visione delle vignette oggetto della «vendetta» dei due giovani musulmani, un numero crescente di persone, in tutti i Paesi occidentali, ha infatti cominciato a domandarsi se i redattori di Charlie Hebdo potevano considerarsi dei veri campioni della libertà di stampa, o non piuttosto un gruppo di estremisti che alla satira amava spesso sostituire l'insulto gratuito e la provocazione anche volgare. La battuta «se la sono cercata», che sarebbe suonata eretica l'indomani dell'attentato, ha cominciato a circolare con insistenza; e anche il sottoscritto, nel corso di alcune conferenze sul terrorismo islamico in ambienti non certo portati a simpatie vero il jihadismo, si è sentito chiedere se, nella fattispecie, gli autori delle vignette potevano essere considerati esenti da colpe. «Se, invece di colpire il settimanale satirico, i terroristi avessero compiuto la loro strage nella redazione di Le Monde o del Fi garo » mi ha detto un signore, «nessuno avrebbe avuto dubbi su chi aveva torto o ragione. Invece, così, gli islamisti sono riusciti a fornire una motivazione attendibile per il loro crimine e a ottenere una dei risultati per loro più importanti: quello di dividerci, di farci discutere e perfino litigare sui confini della libertà di stampa; perfino, in alcuni casi, a ottenere che un certo numero di cittadini si schierasse dalla loro parte».Non ho potuto che dargli ragione.
Il «Middle East forum» ha raccolto un campionario di interventi di illustri accademici, soprattutto americani, (alcuni, per la verità, con cognomi che richiamano origini arabe) che rispecchiano questo atteggiamento. Juan Cole, professore di storia all'Università del Michigan, fa risalire addirittura la responsabilità dell'attacco alla guerra in Iraq, e sostiene che l'obbiettivo de Kouachi era proprio la polarizzazione dell'opinione pubblica europea, scatenando dei pogrom contro i musulmani francesi e facilitando così il reclutamento di nuovi combattenti per l'Isis e Al Qaeda. Hatem Bazian, dell'Università di Berkeley, sostiene che «la lobby islamofobica in Europa e negli Stati Uniti è contenta della moltiplicazione di assassini a Parigi, nello Yemen, in Iraq, in Nigeria, perché porta acqua alla loro concezione distorta e razzista dell'Islam». Saree Makdisi, dell'Ucla di Los Angeles, rincara la dose: «Noi in Occidente pretendiamo di essere razionali, buoni, moderni e liberi, dimenticandoci la sordida eredità del colonialismo, dello schiavismo e delle guerra di religione, e approfittiamo di queste occasioni per ribadire che loro sono arretrati, cattivi, irrazionali e violenti». E il famoso intellettuale Tareq Ramadan non esita ad accusare i redattori di Charlie Hebdo di prendere di mira i musulmani per fare dei soldi: «Non ha nulla a che vedere con il coraggio».
Non so quanto il voltafaccia di una parte consistente dell'opinione pubblica abbia influito sulla decisione - annunciata sabato - dei superstiti giornalisti del settimanale di sospenderne a tempo indeterminato le pubblicazioni, dopo che il numero speciale uscito dopo l'attentato aveva venduto ben 7 milioni di copie. Nel comunicato, hanno attribuito la chiusura alla stanchezza.
Ma, forse, ha contribuito anche l'amarezza di tanti voltafaccia, che dimostrano in realtà solo quanto siamo vulnerabili di fronte a una offensiva jihadista che sa scegliere bene i suoi bersagli ed è assolutamente priva di remore nel perseguire i suoi obbiettivi. Ora, dobbiamo fare doppiamente attenzione: perché, se oltre a subire attentati, tendiamo anche a giustificarli, la sconfitta dello jihadismo diventa ancora più difficile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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