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La City volta pagina: il «Financial Times» in mano ai giapponesi

Il quotidiano «bibbia» della finanza acquistato dal colosso editoriale Nikkei. Che adesso punta sul Vecchio continente

Il più grande quotidiano economico del mondo compra il più famoso quotidiano economico del mondo. E un simbolo della City londinese finisce in mani giapponesi. Il gruppo Nikkei, quartier generale a Tokio, ha annunciato ieri di aver acquisito il Financial Times , «bibbia» della finanza britannica dalla fondazione, nel 1888. I nuovi proprietari asiatici verseranno al venditore, il gruppo Pearson, che concentrerà la sua attività nei settori dell'editoria libraria e della formazione e manterrà la partecipanzione del 50% nell'Economist, una cifra più o meno equivalente a 1,3 miliardi di euro.

Gli «invasori» del Sol Levante schierano in campo una corazzata, il quotidiano Nihon Keizai Shimbun (Quotidiano dell'economia giapponese) che vale 1.300 giornalisti e 3,7 milioni di copie vendute ogni giorno (400mila in formato elettronico). Accanto al Keizai Shimbun (data di nascita: 1885) è via via nato un network capillare di canali radio, tv e riviste che hanno fatto del gruppo il dominatore dell'informazione finanziaria giapponese. Non è un caso che si chiami Nikkei anche l'indice della Borsa di Tokio, calcolato dal 1950 negli uffici del giornale. Diversamente da altri editori locali, i vertici del gruppo hanno deciso da tempo di partecipare al processo di globalizzazione dei media: aperte due sedi principali a Bangkok e Singapore hanno conquistato un ruolo di primo piano in tutto il continente con la rivista Asian Review. Ma al piano di espansione mancava l'Europa. Un primo passo, appena un assaggio, è della fine del 2014: i giapponesi comprarono il 10% di una delle riviste di maggior successo nate di recente sul vecchio continente, Monocle , creata, tra l'altro da un columnist del F inancial Times , Tyler Brûlè. Nulla di paragonabile, sia per cifre investite, sia per peso dell'operazione, allo shopping di ieri.

Il Ft, dalla fine dell'800 pubblicato nella caratteristica carta rosa, creato con l'obiettivo di parlare «all'onesto finanziere e al rispettabile mediatore d'affari» ha seguito e commentato l'ascesa e la crisi dell'impero britannico, e in anni più recenti ha tratto profitto dal nuovo ruolo di Londra come capitale della finanza globale. Dal 1945 il giornale pubblica la più famosa rubrica di analisi economica della stampa internazionale, Lex Column: il nome deriva dall'espressione latina Lex mercatoria e il contenuto è un mix difficilmente imitabile di indiscrezioni e approfondimenti .

Dagli anni 70 il quotidiano ha iniziato con alterne fortune l'espansione internazionale: nel 2000 per esempio lanciò la versione tedesca ( Financial Times Deutschland ). L'avventura si è conclusa con una perdita di 250 milioni di euro e la chiusura del giornale. Meno costoso lo sbarco in terra francese con l'acquisizione di Les Echos , più tardi però rivenduto al gruppo Lvmh. Più positivo l'andamento delle vendite: il Ft rivaleggia con il Wall Street Journal come organo ufficiale della finanza senza frontiere, con circa 630mila copie ogni giorno (due terzi in formato elettronico). Ora si tratta di vedere come tradizione inglese, cosmopolitismo globale e nuovi padroni orientali potranno andare d'accordo. Il gruppo Nikkei, di proprietà dei dipendenti, ha struttura e cultura tipicamente giapponesi.

Il presidente Tsuneo Kita ha dichiarato poco tempo fa uno dei suoi obiettivi: far salire la presenza femminile ai vertici della società a quota 15% entro il 2020. Per il Ft, abituato alla gestione Pearson e, fino a poco tempo fa, a un numero uno donna, potrebbe essere uno choc non da poco.

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