il commento 2

G li slogan sono la sintesi di un pensiero, e alcuni passano alla storia addirittura come sintesi di un'epoca. Il garibaldino «Roma o morte», per esempio, riassume in tre parole quel fenomeno che chiamiamo Risorgimento. Il più famoso slogan del Novecento è probabilmente il francese Ce n'est qu'un début, continuons le combat! (non è che un inizio, la battaglia continua). Tracimato in tutto il mondo dal maggio francese del 1968, musicale, duttile, è ancora buono per ogni occasione. Da noi, negli anni Settanta, si mirò a bersagli più ristretti. È il caso di «Fascisti, borghesi / ancora pochi mesi!», di lapalissiana chiarezza e di amplissime ambizioni. Chi doveva venire schiacciato e cancellato nel giro di pochi mesi, infatti, non erano solo i fascisti - pochini - ma addirittura l'intera borghesia. Se i fascisti si arrabbiavano di brutto a sentirlo, i borghesi magari se ne dispiacevano, ma con un sorrisino di commiserazione. Lo slogan più urticante, quello capace da solo di provocare scontri o bastonature reciproche, era il più diretto e umiliante «Fascisti, carogne / tornate nelle fogne!». Il bersaglio era uno solo, e il luogo di destinazione indicato affatto onorevole, peggio della forca. Erano gli «anni di piombo», gli anni della temuta «eversione nera», delle «stragi di Stato», e non si andava tanto per il sottile. Per di più il fascismo storico, prima degli studi revisionistici, era un'immensa macchia nera che copriva in una condanna indistinta vent'anni di storia, cultura e società italiane. E l'unica distinzione tra fascismo storico e neofascismo era che il secondo pareva - se possibile - anche peggio del primo. Ma gli slogan non ammettono sfumature e il marchio d'infamia metteva in un unico mazzo lo squadrismo di Roberto Farinacci e il parlar forbito di Giorgio Almirante, i giovani picchiatori della nuova destra e i legittimi rappresentanti parlamentari di un Movimento sociale italiano che gli altri partiti avevano definito «fuori dall'arco costituzionale». Servì a poco che un giovane intellettuale missino - Marco Tarchi - si facesse beffe sia della sinistra sloganista sia della destra in doppiopetto pubblicando una rivista satirica, a volte divertente, chiamandola appunto «La voce della fogna». Nella fogna finì anche quella rivista, che aveva preceduto «Il Male»; a mettercela non fu, però, la sinistra, bensì lo stesso Msi, che nel 1981 espulse Tarchi dal partito per le sue posizioni critiche e beffarde. Negli anni Ottanta si passò dalla «strategia della tensione» e dal terrorismo al craxismo e alla Milano da bere, così il «fascisti carogne» rimase solo un rito nostalgico di qualche antinostalgico. È dunque stravagante che lo si urli, oggi, in pratica sollecitando gli ex missini a tornare tali.

Il sindaco Marino voleva la battuta a effetto, ma gliene è mancato il genio, peccato. Geniale fu Mino Maccari, fascistello, che si fece beffe della marcia su Roma trasformando «Roma o morte» in «Roma o Orte».

twitter: @GBGuerri

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