Furti di rame (e di tempo) Ai treni costano 6 mesi di ritardi

I blitz dei ladri un grave problema per le linee, in un anno 162mila minuti di attese in più per chi viaggia. Le Ferrovie: «Ogni volta perse fino a 2 ore»

I disagi causati dalla neve sono bricioline rispetto a quelli che provocati dal furto del rame. Quando ci sono le nevicate si grida allo scandalo per qualche disservizio. Ma, l'anno scorso, sapete quanti giorni di ritardo hanno accumulato lungo lo Stivale i 10mila convogli bloccati a causa di un furto di rame lungo le rotaie? Ben 112,79, cioè 162.421 minuti. L'anno prima il bilancio è stato ancora più pesante: 161 giorni di fermo tecnico e 14mila i treni coinvolti. Negli ultimi tre anni è come se un treno avesse accumulato un ritardo di sei mesi.

Si tratta di grandi numeri che bisogna tradurre in snervanti attese per migliaia di viaggiatori che perdono coincidenze, saltano appuntamenti, accumulano ore di ritardo al lavoro. E poi non sono trascurabili i danni per le Fs (che ovviamente poi ricadono sul costo del biglietto finale). L'anno scorso sono stati trafugati oltre 605mila kg di rame, nel triennio precedente i kg salgono a 2.712.561. E il danno stimato è di circa 20 milioni di cui 9 per i costi degli interventi necessari al ripristino della circolazione.

Il brutto della faccenda è che spesso chi viaggia in treno è ignaro di quello che accade lungo le rotaie. Franco Fiumara, Direttore Centrale Protezione Aziendale Gruppo FS Italiane ammette sconsolato: «Purtroppo, quando c'è un ritardo di oltre mezz'ora la gente se la prende con il personale di servizio che non c'entra nulla e spesso volano anche le aggressioni verbali e si alzano le mani. Così scattano denunce e i ritardi si sommano ad altri disagi». Quanto ritardo si accumula quando una linea subisce un furto? «In media dai 20 minuti alle due ore - racconta l'esperto - Ma dipende da quanti tagli sono stati fatti e dalle possibilità di intervento delle squadre. E spesso capita che gli operai colgano in flagrante i delinquenti che provocano questi danni». E in questi casi può succedere di tutto. Gli operai vengono minacciati pesantemente e rischiano grosso mentre fanno il loro lavoro. Anche perché si trovano davanti gente senza scrupoli che setaccia l'Italia alla ricerca dell'oro rosso. Le regioni più colpite sono Sardegna, Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Calabria, ma anche Piemonte e Lombardia. Il fenomeno è a macchia di leopardo. C'è un solo comun denominatore: la presenza di insediamenti abusivi o di campi autorizzati di nomadi. Molto del materiale rubato infatti, viene ritrovato proprio nelle loro roulotte, camper o automobili. E le forze dell'ordine fanno presto ad individuarli: spesso bruciano i cavi per toglierne la guaina e i quartieri che vivono nei dintorni dei campi nomadi si lamentano per la puzza.

La beffa della vicenda è che questi ladri spesso restano impuniti. Gli agenti ne acciuffano parecchi ma questi continuano indisturbati a rubare e creare danni enormi. Sulla carta c'è stato un inasprimento delle pene per il furto di rame fino a cinque anni di carcere. In pratica pochi vengono puniti. «Nessuno di questi ladri finisce in carcere – spiega Fiumara amareggiato - Li fermano, li identificano e poi il magistrato li denuncia a piede libero. C'è uno sforzo comune di controllo enorme e poi tutto viene vanificato. Invece, il furto di rame è un danno fisso molto grave. E il sistema deve reagire immediatamente altrimenti chi ruba continuerà a farlo senza ritegno. Tra l'altro è un vero affronto per il cittadino. In teoria, se commetto un reato lo Stato deve rispondere anche in termini di detenzione».

Dal gruppo Fs si lancia un invito alla magistratura: «Le pene devono funzionare realmente non si può accettare che questi possano continuare a delinquere liberamente».

Anche i ricettatori proliferano perché il furto del rame è un vero affare. Lo esportano sotto forma di rottame e lo vendono a 1,80 euro al chilo, poi lo stesso rame viene importato per la seconda volta e ricomprato a 5 euro. E magari le Fs sono tra i primi acquirenti.

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