I l nome è risuonato per la prima volta alle 17.45. Quando la Boldrini, dopo aver liquidato una lunga teoria di schede bianche, ha pronunciato le parole «Vittorio Feltri». Rispetto al tatticismo mostrato da Renzi, la Lega e Fratelli d'Italia sono passati con un semplice e scontato passo dalle parole ai fatti. Pardon, ai nomi. Et voilà! Ecco il fondatore di Libero e già direttore di questo giornale ritrovarsi candidato come inquilino per il Quirinale (già augusta dimora di papi, re e di presidenti ex comunisti). Il nome di Feltri, forse, servirà a molti cronisti parlamentari per fare «colore», per sistemarlo - in qualche modo - accanto alle provocazioni situazioniste che vorrebbero portare al Colle personaggi telegenici come Giancarlo Magalli o Claudio Sabelli Fioretti. Ma è la stessa Giorgia Meloni ad avvertire che non di questo si tratta. I 49 voti presi da Feltri, spiega la leader di Fratelli d'Italia, non sono una candidatura di bandiera. Sono molto di più. Sono un assaggio di un futuro possibile. I voti raccolti alla fine del primo scrutinio possono sembrare un magro bottino (poco più del 4,75% dell'insieme dei grandi elettori). Eppure sono un segnale che qualcosa può muoversi.
Ad ascoltare le dichiarazioni dei vari esponenti della Destra, della Lega e di Fratelli d'Italia, Feltri è un nome che potrebbe catalizzare ben altre forze politiche in uno scenario futuro laddove, archiviato il patto del Nazareno, il centro-destra dovesse ricompattarsi. In questa chiave vanno lette le iniziative prese sempre da Fratelli d'Italia, che ha organizzato votazioni simboliche per il Quirinale aperte a tutti. «Ho già votato - spiega Francesco Storace - L'ho fatto on line e ho recepito la proposta di candidatura avanzata da Matteo Salvini e la Meloni. Sono andato sul sito di Fratelli d'Italia, dove si accede liberamente senza il rito del tu sì e tu no e senza i veti della Pisana, e da lì ho dato il mio consenso a Vittorio Feltri».
È soprattutto sulle qualità del futuro presidente che convergono le opinioni di Lega, FdI e della Destra. Deve essere laico e non macchiato dalla connivenza con la prima e la seconda Repubblica. Deve essere «terzo» (e quindi garante) rispetto ai «gladiatori» dell'arena. E Feltri, secondo Storace, ha sempre dimostrato nel suo lavoro un'indipendenza intellettuale fuori dal comune. Ma è poi sull'adesione a specifiche battaglie politiche che Storace si riferisce. «Feltri? Un uomo libero - spiega il leader della Destra - come ha dimostrato persino nella vicenda legata al processo per vilipendio che ho subito con relativa condanna quando vergò su Il Giornale un articolo tra i più belli che ho mai visto scrivere su di me. È capace di spiazzare col suo anticonformismo naturale come quando ha fatto virare strada a Berlusconi in tema di unioni civili. Certo, al Colle non sarebbe un cerimoniere». La Meloni, invece, è andata al Pantheon dove il suo partito ha allestito un gazebo per l'elezione «popolare». E in sostanza ha ripetuto ai cronisti presenti le stesse parole di Storace, appellandosi a Berlusconi e Alfano per ricompattare il centrodestra: «siete ancora in tempo per votare un uomo libero, Vittorio Feltri, contro i diktat di Renzi. Date un segnale di coraggio, di libertà e di discontinuità».
Tra le righe emerge un'idea tutt'altro che peregrina: trovare un personaggio popolare capace di catalizzare i consensi del centro-destra percorrendo gli stessi passi compiuti da Marine Le Pen
in Francia. Forse è per questo che Salvini a spoglio non ancora ultimato continuava a ripetere: «Noi votiamo Feltri, anche per quindici giorni di fila». E magari lo sosterranno pure dopo l'investitura del nuovo presidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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