L'Italicum non deraglia e supera il primo ostacolo

A Palazzo Madama la riforma elettorale resta in aula. La Boschi: «Entrerà in vigore nel 2016». E Calderoli rinuncia a far tornare il testo in commissione

L'Italicum non deraglia e supera il primo ostacolo

Amletico Renzi arriva col fiato grosso al bivio che tutti s'attendevano, ma è capace di ribaltarlo con agilità sugli affranti deputati e senatori del Pd. «Allacciatevi le cinture, ragazzi: questa legislatura esiste o resiste? Questo è il bivio. Se viene meno l'architrave delle riforme costituzionali vien giù tutto», avvisa il premier già pronto all' hic Rhodus hic salta .

Che gennaio fosse la «prova dei fatti», arduo confine da superare per il governo, lo si sapeva da tempo. Le elezioni per il Quirinale rendono la partita più complicata, ma il premier è lesto anche nel considerare il calendario alleato e non nemico, come farà capire nella consultazione mattutina a Palazzo Chigi con Boschi, Finocchiaro e Zanda. Il tempo stringe, avverte, proprio perché il 22 aprile scorso il presidente Napolitano aveva fatto «un discorso molto chiaro: dopo il fallimento della trattativa sul Quirinale occorreva fare davvero le riforme o questa legislatura è fallita. Questo il ragionamento che tutti insieme ci affrettammo a considerare uno spartiacque». La riforma costituzionale però non è l'unico tassello per definirà il fallimento o meno della missione, dice Renzi, che così facendo lega abilmente l'imminente annuncio delle dimissioni di Napolitano all' Italicum (ieri approdato in aula al Senato), al Jobs Act (ormai ai decreti attuativi), alla riforma fiscale (bloccata in area di rigore per fallo di «manina»). Il messaggio del presidente del Consiglio è dei più chiari: «Si può ragionare, ma si deve essere rapidi. O noi ci mettiamo a lamentarci anche delle virgole - dice ai parlamentari riferendosi anche al “lavoro straordinario” compiuto in Europa - o capiamo che c'è un Paese da rimettere in moto. O lo facciamo noi o non lo farà nessun altro». Alla luce anche dei mesti dati sull'occupazione, vagliati assieme al ministro Padoan, un risultato positivo dovrà almeno arrivare dall'insieme del quadro politico («Abbiamo vinto per la visione che avevamo, non per gli 80 euro», ripete orgoglioso): un metodo che risolva senza traumi la corsa per il Colle, l'approdo delle riforme, l' Italicum al traguardo come da patto del Nazareno.

A tale proposito, l'arrivo della legge elettorale nell'aula di Palazzo Madama (circa 1.250 gli emendamenti presentati) ha visto una discussione sulle pregiudiziali presentate dalle opposizioni, cui s'è detta contraria Forza Italia, che insiste per il premio di maggioranza alla coalizione e per l'entrata in vigore alla fine dell'iter delle riforme. La ministro Boschi, dopo un lungo colloquio con il collega di partito Chiti, uno dei più critici sull' Italicum , ha confermato l'intenzione di voler differire «l'efficacia della legge elettorale a una data successiva all'approvazione in aula e quindi al 2016, coerentemente con il percorso delle riforme costituzionali».

A quel punto il leghista Calderoli, che aveva regalato carbone nero alla Boschi, ha annunciato il ritiro della sospensiva per il ritorno in commissione soddisfatto dal chiarimento sulla cosiddetta clausola di salvaguardia. «Piuttosto che niente, meglio il piuttosto», la sua battuta. Che sembra racchiudere in sé, oggi più che mai, l'intero spirito dei tempi.

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